Quello dei The End of Six Thousand Years è stato un gradito ritorno, dopo una pausa che durava da circa un decennio. A undici anni di distanza da Perpetuum, il quintetto nostrano è tornato con quattro brani, che mantengono lo stesso impatto monolitico che li ha sempre caratterizzati e la loro tipica amalgama di sonorità che prende a piene mani sia dall’hardcore che dal metal estremo. Freschi di pubblicazione di questo EP, i Nostri hanno anche suonato durante la prima giornata del Venezia Hardcore Fest 2023, presentando così anche la nuova formazione che vede due novità alle chitarre: Michele Basso e Gianmaria Mustillo, i quali si uniscono ai tre membri fondatori Nicola Donà alla voce, Matteo Borzini alla batteria e Luca Dalù al basso. In occasione del festival abbiamo anche avuto la possibilità di parlare con il quintetto e porgli qualche domanda. Buona lettura!
Ciao ragazzi, benvenuti su Grind on the Road. Oggi è un giorno speciale per voi: ieri è uscito il vostro nuovo EP, con cui siete ritornati dopo undici anni di silenzio, e oggi lo proponete dal vivo al Venezia Hardcore. Innanzitutto, come vi sentite? Quali sono le sensazioni dopo tutta questa attesa?
Michele: Io personalmente sto vivendo un momento di ansia mortale, per me e per Gianmaria è l’esordio totale nella band perché siamo i nuovi arrivati, ed è una band bella tosta da prendere in mano. Poi io gestisco anche la Hypershape Records, l’ho fatto uscire io l’EP, quindi è stato un lavoro che ho seguito anche da quel punto di vista. Arrivare a questo punto qua non è stato facile sia come band che come etichetta, ed è un’enorme soddisfazione che speriamo di riportare al 100% durante il concerto, non facendoci prendere troppo dal panico. Penso che sia un po’ dura per tutti oggi.
Questa reunion com’è nata? Era nell’aria da molto tempo?
Nicola: In realtà non è una reunion, anche se è stato presentato come “reunion show”, noi abbiamo continuato lo stesso in maniera molto sopita a suonare e fare cose. Pian piano il bisogno di tornare si è fatto più presente, questo è il succo del discorso.
I nuovi brani come sono venuti fuori in questi anni? Sono stati composti più o meno insieme oppure in questi undici anni col tempo le idee son venute fuori?
Nicola: Son venuti fuori lentamente, e poi Michele e Gianmaria sono entrati nella band e hanno portato una ventata d’aria fresca.
Con questa nuova formazione il vostro approccio alla composizione è cambiato oppure è rimasto simile a quello dei primi lavori?
Nicola: È uguale, praticamente si fa molto da remoto e poi ci si ritrova e si suona.
Gianmaria: È cambiato per non avvicinarci praticamente. Ci siamo avvicinati minimamente, invece di avere un membro sardo c’è un membro romagnolo in più e un altro in Lombardia.
Quindi il nuovo EP in che anni ha preso forma? Visto che comunque dal 2012, anno di uscita del vostro ultimo disco, avete continuato a lavorare, a quando risalgono le prime idee di questo nuovo lavoro?
Nicola: Le prime bozze dei pezzi risalgono al 2016/2017, poi abbiamo provato sempre con la vecchia formazione ad andare avanti, ma le cose non funzionavano. Successivamente i due nuovi chitarristi hanno fatto la magia, le cose hanno iniziato a filare per bene, finalmente, ed è molto bello trovare due persone con cui ci si ritrova subito, come essere in famiglia.
Luca: È stato un caso abbastanza fortuito. Noi ci conoscevamo già tutti più o meno, io e Michele ci conosciamo da dieci anni ormai, abbiamo già avuto esperienze molto positive insieme: siamo andati in tour e abbiamo già suonato qualcosina assieme. È stato strano trovare una quadra così. Anche Nicola lo conoscevo da tempo, abbiamo molti amici in comune che sono come dei fratelli, e ci siamo ritrovati in maniera abbastanza naturale, una sorta di tetris perfetto.
Il nuovo EP dal punto di vista delle tematiche trattate introduce qualcosa di nuovo, oppure c’è una continuità col passato? Quali sono i temi trattati?
Nicola: Non ci sono temi specifici, io scrivo per sfogo e vado un po’ a ruota libera a seconda di quello che mi passa per la testa, non sto lì a soffermarmi su concetti o altre cose.
Visto comunque che son passati diversi anni tra i primi due album e l’EP, quanto siete cambiati e cresciuti? Come influenze, ma anche come atmosfere che volevate comporre?
Michele: Essendo entrato in corsa, la cosa che ho notato e forse se ne è reso conto anche Gianmaria più degli altri, visto che siamo stati noi a dover entrare nella band, è che tutto è stato nuovo rispetto alle nostre esperienze con altri gruppi: in base al contesto si segue sempre un iter diverso, mai lo stesso modo di comporre e di esprimersi. Ci è voluto del tempo per ambientarci, non è stato facile anche perché essendo lontani si prova poco, e legame forte in queste cose qua si fa in sala prove, però si vedeva che comunque le cose funzionavano fin da subito. Noi abbiamo letto un attimo come scrivevano i pezzi i TEOSTY classici anche imparando i pezzi vecchi, e iniziandoli a suonare insieme ci hanno fatto dire “bene, qui probabilmente le cose funzionano in questa maniera”. Allora abbiamo adattato il nostro modo di fare le cose al “loro”, che adesso è nostro. Fondamentalmente abbiamo unito le due cose, adesso penso che ragioniamo quasi al 100% TEOSTY, quando si parla di fare le cose.
Gianmaria: Secondo me abbiamo trovato uno stile molto affine. Io personalmente i due dischi precedenti li conoscevo a memoria, sono stati due lavori di band italiane un po’ cruciali per la mia formazione, quindi sapevo bene dov’era che si distillava quella cosa. Chiaramente quando devi scrivere musica così è difficile, devi affrontare la questione della somma delle parti, di quanto ogni singola influenza sia fondamentale a quello e comunque abbiamo provato fondamentalmente nella nostra chiave, che è quella di ascoltare tutti quei generi in maniera e in sfumature diverse. Anche io e Michele ascoltiamo più o meno la stessa roba, ma anche ascoltando cose simili le influenze sono diverse, e secondo me si sente.
Michele: Forse siamo stati i chitarristi più “metallari” che hanno avuto e questa cosa nel prodotto finito dell’EP risulta in un risultato più oscuro. Questo penso che sia il nostro apporto nella band. Per esempio, già “Collider”, il primo pezzo dell’EP, che è stato scritto quasi tutto da Nicola, all’inizio era molto più hardcore, ma mettendoci le mani con Gianmaria, e aggiungendo un altro layer di chitarre, senza sforzarci troppo è diventata quasi una canzone black metal. Ci abbiamo messo il nostro e il risultato è quello.
Questo è un po’ come è nato il nuovo EP. Per quanto riguarda l’inizio del progetto, conosco delle persone – e concordo con loro – che vi descrivono come uno dei primi gruppi in Italia che ha mischiato un certo tipo di metalcore/hardcore con influenze dal metal estremo. Il sound all’inizio dei vostri primi lavori com’è nato? Come sono nati i TEOSTY?
Nicola: All’inizio ascoltavamo solo gli At the Gates. Da lì, aggiungendoci un background hardcore, un po’ di crust e un po’ di black metal, siamo riusciti a mischiare un po’ tutto quello che ascoltavamo all’epoca. Stiamo comunque parlando del 2004 circa, è un po’ difficile ricostruire il tutto, però più o meno è andata così.
Di questa lunga carriera che avete avuto ci sono ricordi, insegnamenti o esperienze che vi portate dietro in maniera particolare?
Luca: Forse adesso ci rendiamo conto più facilmente se le cose funzionano o meno, abbiamo più consapevolezza di quello che vogliamo fare e come vogliamo farlo. Credo che ci sia quella maturità in più rispetto a qualche anno fa.
E adesso finalmente il concerto al Venezia Hardcore, per cui avete detto che siete molto emozionati. Adesso avete in programma di suonare soltanto qua o avete intenzione di fare altre date?
Michele: Succederanno altre cose che stanno prendendo forma, però per ora ci muoviamo un po’ con i piedi di piombo. Avendo fuori l’EP sì, bisogna farsi vedere in giro, ma secondo me non bisogna strafare, anche perché l’EP in teoria è un antipasto per altro ancora. Vista la stasi prolungata della band e che questa nuova formazione ci ha messo un po’ di anni a crescere fino ad arrivare a oggi che finalmente si suona, diciamo che è giusto aspettare un attimo prima di ripartire come dei treni. Certamente ci saranno delle occasioni quest’anno, che non anticipiamo ancora perché non sono confermate al 100%, però c’è sia la volontà che delle proposte. Ci sono delle cose che probabilmente tra poco verranno annunciate, non tantissime, e poi si vedrà, dopo di quelle ci si rimette a scrivere.