Il primo numero estivo di Screamature spazia tra ritorni molto attesi, debutti da tenere in considerazione e non solo. Si parte con il nuovo EP degli Øjne, formazione di punta del panorama italiano che torna a farsi sentire col suo screamo dopo sei anni senza nuove pubblicazioni, e con il terzo lavoro dei francesi Cavalerie, il cui hardcore è robusto e spietato. Si fa un salto oltreoceano con l’ennesimo EP degli statunitensi To Be Gentle, che negli ultimi anni stanno mantenendo una produttività con pochi eguali con uno screamo che col tempo ha implementato elementi blackgaze, prima di tornare in Italia parlando dell’esordio degli Olum, formazione powerviolence/grindcore con membri di Lambs, Postvorta ed Edna Frau. Altro debutto intrigante è quello dei Cimitero, formazione veneta dal sound grezzo e caustico, mentre il secondo EP dei giapponesi Sugar ci travolge con la sua possenza.
Articolo a cura di Jacopo Silvestri (Øjne, To Be Gentle), Davide Brioschi (Cavalerie, Olum) e Antonio Sechi (Cimitero, Sugar).
Øjne > Sogno #3
(12″ – Left Hand Label, Through Love Records, Pundonor Records, To Lose La Track)
Ci sono voluti sei anni, ma finalmente abbiamo tra le mani nuova musica degli Øjne, e se in certi casi la mancanza di pubblicazioni in studio fa passare in secondo piano il nome di un gruppo, non è stato così per il quintetto milanese, complice anche la loro attività live tutto sommato costante in questo lasso temporale. Eravamo rimasti a Prima che tutto bruci, disco fondamentale per lo screamo italiano che oggi è tra i più discussi ed elogiati del genere, quindi le aspettative su queste nuove sei canzoni non erano poche, e possiamo dire fin da subito che non sono state deluse. In Sogno #3 domina la scena un songwriting che si è evoluto rispetto ai precedenti lavori, abbracciando uno stile che sa molto di storytelling, un po’ in stile La Dispute, per intenderci. Il cantato è per la maggior parte del tempo in primo piano, e rende partecipi di viaggi introspettivi e viscerali, mentre i riff alimentano i tocchi malinconici e a tratti sognanti mantenendosi tendenzialmente in secondo piano, ma sapendo comunque emergere nel contesto generale. L’aspetto che si fa più apprezzare di questo nuovo capitolo della band milanese è il senso di continua esplorazione e crescita della loro musica, che non si adagia sugli allori dopo gli ottimi risultati del precedente album, bensì dà continuità a un raffinamento del proprio sound.
Cavalerie > Siege War
(Tape – Delivrance Records)
L’hardcore furioso dei parigini Cavalerie torna a battere nel terzo lavoro del gruppo, un EP di tre brevi tracce dal titolo Siege War. Quella dei nostri è una proposta fatta di stop’n’go e riff quadrati, che tutto devono alle tradizioni del genere – moderne e non – ma che vengono proposti con una precisione ed un’accuratezza chirurgica tutte contemporanee. La opener e title track del lavoro è una cavalcata assassina verso un precipizio, con i piatti percossi in folli accenti a fare da contorno ad un riff punk che di metal ha solo l’accordatura. Sul fondo del precipizio ci “No One Wears Leather Like Me” e “I Wanna Be Your Dog” (cover del celebre pezzo degli Stooges), giocate su tempi più lunghi della precedente e più articolate, tra una sezione di quattro corde che dà un contributo non indifferente e una batteria che scandisce tempi più distesi, quasi marziali nella traccia finale. Siege War ci presenta dei Cavalerie in grande forma all’interno della scena hardcore europea; non una di quelle band per cui impazzire ma di quelle su cui contare sempre, ogni volta che si senta il bisogno di quattro sani schiaffi piantati in faccia con la cotta di maglia.
To Be Gentle > I Am Wailing On the Eighth Storey, Unready To End My Life
(Digital – Autoproduzione)
Guardando il profilo Bandcamp dei To Be Gentle stupisce la quantità di lavori che la band statunitense ha pubblicato negli ultimi anni. Tra album, EP, split e singoli si parla di diverse decine di pubblicazioni dal 2018 a oggi, dato degno di nota considerando anche che la qualità della loro musica non ne ha risentito particolarmente, con piccoli passi falsi qua e là annullati da un livello generale soddisfacente. Lo stile dei Nostri (già introdotto in un numero passato della rubrica) poggia le sue fondamenta su uno screamo schietto e d’impatto che, tralasciando qualche svolta ambient tra un’uscita e un’altra, si è evoluto verso richiami blackgaze che aggiungono ulteriore intensità alla proposta. L’EP I Am Wailing On the Eighth Storey, Unready To End My Life sembra fare proprio un resoconto della loro crescita, con l’opener “Dooms of Love” che mette in primo piano proprio gli elementi blackgaze. Queste sonorità successivamente prima si fondono a elementi screamo con “I Will Always”, unendo irruenza e accenni più emotivi, per poi abbracciare del tutto quest’ultimo genere e soprattutto il suo legame con il post-rock grazie alla conclusiva e disperata “I Don’t Want To Be Here Anymore”. Questo lavoro è un EP dritto al punto che racchiude il sound sviluppato dai To Be Gentle con le loro continue pubblicazioni.
Olum > Revel in Purity
(Digital – Autoproduzione)
Gli Olum sono un nuovo progetto italiano che trova il suo background in band del calibro di Postvorta, Lambs, Rusco, Golem of Gore ed Indecent Excision, realtà nelle quali i due membri del gruppo militano. Quello dei nostri è un powerviolence estremamente caotico, che aggrega dal grindcore rullanti velocissimi e ruba allo sludge il piacere del riff grasso e unto. Il debutto, Revel in Purity, parte a cento all’ora con quattro brani da un minuto scarso l’uno, schegge che ricomposte formano un compatto muro sonico di drone e batteria (o semplicemente uno spesso asse di legno pronto a sfondarvi la testa), squarciato da vocals sporche, hard e pure core. A queste nere gemme che non possono non ricordare Pig Destroyer e Weekend Nachos seguono due brani, “The Path” e “Iron Wheel”, che molto devono allo sludge punk di giganti come Acid Bath e Lord Mantis: le corde più tirate, le pelli più cadenzate e la scrittura più allungata creano una fatale atmosfera da pantano, che chiude l’album con un riff magistrale capace di fondere il black metal al grindcore. Nonostante la produzione generale di questo primo lavoro degli Olum possa lasciare a desiderare – suoni attutiti e chitarre forse poco presenti – l’effetto generale è di grande impatto, e sono in pace con me stesso nell’affermare che i nostri sono un’apprezzatissima new entry nel ricco panorama hardcore italiano.
Cimitero > s/t
(Digital – Autoproduzione)
Tre pezzi compongono questo EP (o forse dovremmo prenderlo per una demo…?). Fatto sta che in appena cinque minuti il quartetto di Bassano mette insieme un punk acido come l’acquaragia e corrosivo. Testi squisitamente nichilisti. Si tratta di qualcosa che farebbe la felicità dei cultori del genere, infatti ci vuole davvero poco a collegare i Cimitero ai primi lavori degli X oppure volendo restare nel nostro territorio i leggendari Contropotere, il tutto legato da un gusto tetro à-la Djerv con quei riff che in brevi passaggi fugaci fanno pensare a delle reminiscenze di uno spettrale black metal. Certo questo breve lavoro non da modo di entrare in confidenza con la band in quanto davvero breve, ma non resta che aspettare fiduciosi che campino ancora un po’, il giusto per nutrire le bocche di chi ha fame di sonorità da scantinato e rabbia pura. Non penso che ci sia bisogno di aspettare che la band maturi in qualche modo perché tutto sommato questi qua hanno il carattere giusto, vogliono essere caustici e lo sono. Noi siamo a posto così.
Sugar > Early Days
(Digital – Autoproduzione)
Hardcore possente dal Giappone. Gli Sugar da Hiroshima sono al secondo lavoro uscito con Early Days e sì, non sono la cosa più fresca del mondo, ma in fin dei conti non siamo certo in cerca di qualcosa di rivoluzionario. La proposta della band non si distacca molto da cose come gli Hatebreed, la differenza è che questi lo fanno con la sincerità tipica della band alle prime armi, la composizione dei brani è abbastanza insolita, fatta eccezione per i breakdown che comunque in questo genere sono un must, ma quello che li rende gradevoli è l’esagerata potenza di quello che suonano. Le mazzate sono pesanti e i riff belli animosi, per non parlare di una voce rigurgitante copioso astio che ricorda molto i Bleeding Through. In sostanza Early Days è un polpettone muscoloso i cui pezzi non vantano il dettaglio da scoprire, ma hanno sufficiente grinta da spingere al pogo maniacalmente selvaggio da gomiti alti e denti stretti. Un ottima release per chi si nutre di Walls Of Jericho e Throwdown.