Viste le sue caratteristiche, il post-metal è un genere predisposto a un legame proficuo con sonorità ambient, data la natura atmosferica condivisa da entrambi gli stili. A dimostrarlo ci pensano i Bolt Gun, progetto australiano prossimo ai dieci anni di attività che con The Tower trova un equilibrio intrigante tra le due componenti, realizzando un lavoro travolgente, un ciclone caotico e oscuro che con l’avanzare dei brani si impone con impeto sempre maggiore.
Come già successo nel precedente disco Begotten, con le sue caratteristiche l’ascolto presenta una natura comparabile a una colonna sonora, che si potrebbe applicare sia a contenuti cinematografici così come potrebbe accompagnare la vita di tutti i giorni negli attimi di riflessione più tetri. Con imponenza, la title-track posta in apertura introduce la proposta caleidoscopica con un lento e granitico crescendo che sfocia, attorno alla metà del pezzo, in un’esplosione sonora al limite del black metal. Gli accenni infernali non rimangono brevi apparizioni di questa canzone, ma verranno poi riprese in altre composizioni, dimostrando una maggiore attenzione da parte nei Nostri nel lato più aggressivo della proposta, imponendosi così con irruenza nell’alternanza coi settori atmosferici, grazie a passaggi spesso repentini. Aspetto che si fa notare con piacere in questo susseguirsi sulfureo è la varietà delle idee, che non si avvicendano mai in modo sterile, bensì forniscono un continuo senso di scoperta nel corso dell’ascolto. Alle offensive fugaci dell’opener segue “The Vulture”, pezzo ben più tendente al lato “metal” del lavoro, dandogli una maggiore forma e sostanza nell’incidere comunque efficace degli inserti cinematici, in cui spicca il tocco eclettico di un sassofono sfrenato. La natura generale dell’album, dunque, è frenetica, ma non nasconde anche dei tocchi ossessivi, che si possono notare specialmente in “The Scapegoat” che destabilizza nel suo mutare meticoloso dai tratti angoscianti prima dell’esplosione finale, che lascia impotenti. Soltanto la conclusiva “A Faint Red Glow” concede un attimo di tregua alle trame asfissianti di The Tower, con sonorità ambient di sintetizzatori e sassofono, come se fosse un attimo di riflessione e di riconciliazione con sé stessi dopo il vigore dell’incubo sonoro composto dai precedenti quattro brani.
I Bolt Gun con il loro terzo disco hanno trovato un ottimo equilibrio tra tutte le componenti della loro proposta: una ricetta micidiale, sulfurea e massiccia che è stata concepita molto bene e sancisce la loro maturità. L’abrasività del black metal, i riff granitici del post-metal e le tenebrose incursioni ambient si uniscono in maniera molto dinamica, rendendo l’ascolto multiforme e mai banale, con le sue variazioni brusche ed accattivanti.
(Avantgarde Music, 2023)
1. The Tower
2. The Vulture
3. The Sacred Deer
4. The Scapegoat
5. A Faint Red Glow