Abbiamo scambiato quattro chiacchere con Padre Massimo dei veneziani Confine a metà tra il punk hardcore e il grind; li ritroviamo con il nuovo EP Homo Inhabilis pubblicato da Disimpegno Record.
Nel 2023 avete presentato al pubblico il vostro nuovo EP Homo Inhabilis, vi va di parlarci di questi sei brani? Cosa vi ha ispirato?
Sicuramente il periodo della pandemia è stato destabilizzante per noi in quanto band. A fine 2019 uscimmo con RRR e nel giro di qualche mese ci siamo trovati chiusi in casa senza poterlo promuovere adeguatamente e questo ci ha alquanto demoralizzati. Nei mesi successivi le possibilità di provare erano ridotte al minimo, non si capiva più un cazzo di quello che succedeva nel mondo e l’incertezza montava sempre di più in tutti noi. Inoltre le nostre vite personali stavano cambiando: alcuni di noi hanno cambiato lavoro, altri si son dovuti trasferire più volte, insomma non eravamo più la band di prima che buttava fuori un disco all’anno senza nemmeno accorgersene. In quel periodo riuscimmo ad abbozzare qualche canzone, ma la maggior parte furono scartate. Ci mancava il brio dei live, avere obiettivi concreti, uscire ed essere incazzati con le cose normali della vita. Insomma, come band stavamo vivendo una sorta di ibernazione e non sapevamo se ne saremmo mai venuti fuori. Beh, come si è visto non è andata così. Nel 2022 abbiamo aggiunto un nuovo chitarrista, Carlo (nostro amico e compagno di avventure ormai di lunga data) e ci siamo rimessi in moto a scrivere, convogliando tutte le frustrazioni degli ultimi anni in questi sei pezzi. Arrivando alla tua domanda, preferisco parlarti del concetto del disco in sé visto che rappresenta il trait d’union tra le varie canzoni. Homo Inhabilis è l’evoluzione finale dell’uomo in quest’apocalisse esistenziale del XXI secolo. Un uomo dissociato dalla realtà che ripercorre gli stessi ciclici errori in una irrefrenabile spirale verso l’abisso. Un uomo con la testa piegata in avanti e lo sguardo fisso ai piedi, cieco di fronte al tempo che ritorna sempre sugli stessi passi avvelenando il terreno e scavando canali di scolo dove Merda, Morte e Denaro sono i Grandi Gerarchi. Lui è un uomo che vive di pacchi Amazon, schermi sovrailluminati, endorfina istantanea. Homo Inhabilis è una lente di ingrandimento su noi stessi, i nostri vizi, il nostro auto-sabotaggio, la nostra rassegnazione di essere collaboratori attivi di questa infinita regressione.
Qual è stato il feedback del pubblico verso questo nuovo prodotto? Ve lo aspettavate?
Il COVID del cazzo sicuramente una cosa buona l’ha fatta: il cambio generazionale nell’ambiente underground. Ai concerti si vedono moltissimi ragazzi giovani che portano un entusiasmo e una rinnovata energia che innegabilmente negli ultimi anni se ne erano andati a fanculo, e per questo dobbiamo ringraziare band come Slug Gore, Jorelia, Stegosauro ecc. Hanno sicuramente portato una ventata di aria fresca che ha salvato il “genere” dal lento suicidio che stava affrontando recentemente in Italia. Il feedback per Homo Inhabilis è stato assurdo e totalmente inaspettato malgrado la nostra totale inettitudine per quanto riguarda la promozione al di fuori della sede live. So che è pessimo parlare di numeri, ma gli ascolti sui canali streaming sono esplosi rispetto agli anni precedenti e, sia ai concerti che non, abbiamo visto da parte del pubblico una energia e un coinvolgimento che sinceramente non avevamo mai provato. Vedere i “fioi” sotto il palco arrampicarsi uno sopra l’altro per rubarti il microfono per cantare “ammazzatemi per strada in stile Gheddafi” è una soddisfazione impagabile.
Il 7 aprile scorso vi siete esibiti al Venezia Hardore, come vi siete sentiti?
Ti correggo, il 7 aprile era il Warm Up del Venezia Hardcore. Comunque, come sempre suonare al Rivolta è stata una figata, quel posto ormai è diventata una sorta di casa e “comfort zone” per noi. Chi più chi meno, siamo tutti attivi nel collettivo del Venezia Hardcore e ogni anno collaboriamo con Samall e tutti gli altri fioi per portare avanti il festival che ormai è diventato un cardine importantissimo della scena italiana. Ogni volta che ci troviamo a suonare in situazioni che portano il nome “Venezia Hardcore”, che sia proprio al festival del 2018 o agli altri due Wam Up in cui abbiamo suonato, per noi è come trovarci una sorta di grande riunione di famiglia.
Quali sono le influenze musicali principali del vostro gruppo e come queste influenze si riflettono nella vostra musica?
Abbiamo le influenze più disparate e oltre all’hardcore-punk, che ovviamente ci gasa tutti, ognuno di noi poi ascolta moltissimi generi anche molto diversi tra loro. Io personalmente ascolto tantissimo rap americano (vedi Billy Woods, Danny Brown, JPEGMafia, Armand Hammer ecc), ma anche elettronica, stoner, delta blues, musica da “sballoni”, e avanti così. Pure gli altri ragazzi non hanno paletti, pensa che Andrea (chitarrista) si gasa tutt’ora con quelle merde dei Mötley Crüe. Tutte queste influenze poi finiscono nel nostro calderone per poi definirsi in piccoli di dettagli che si ritrovano in qualche riff, linea di voce, parte di batteria, mantenendo però la coerenza del genere da cui partiamo, l’hardcore-punk.
Dai primi pezzi nel 2015 ad oggi, come si è evoluto il vostro percorso musicale?
Dal 2015 ad ora sono cambiate un po’ di cose. Sicuramente una volta eravamo molto spontanei: scrivevamo una canzone a prova, tutti i testi li scrivevo qualche giorno prima di registrare senza pensarci troppo su, e sicuramente suonavamo peggio. Ora, sotto un certo aspetto, siamo più maturi e ci facciamo molte più seghe mentali quando è ora di scrivere pezzi nuovi e registrarli, e le performance live sono migliorate anche grazie all’aggiunta alla nostra scuderia del buon Carlo (chitarrista). Per il resto, siamo rimasti i soliti provincialotti carichi per mangiare in trattorie, bere e fumare cannoni, come è giusto che sia.
La vostra presentazione su Spotify parla chiaro, ma come descrivereste il vostro stile musicale e quali elementi pensate siano distintivi nella vostra musica?
Sono dovuto andarmi a rileggere la presentazione di Spotify perché è stata scritta una vita fa e non me la ricordavo. Devo dire che sì, malgrado gli anni passati confermo tutto quello che è stato scritto. Come dicevo siamo una band hardcore-punk che non si mette troppi paletti a livello di influenze ma che cerca di dare una coerenza al tutto rispettando il genere di partenza. Siamo cresciuti in provincia (quella vera, quella circondata da nebbia e campagna) e abbiamo avuto a che fare con situazioni, generi musicali e persone che non c’entrano nulla con la scena e questo ci ha aiutato, credo, ad avere una visione personale del genere e di come viverlo.
Qual è il vostro obiettivo principale come band e cosa sperate di raggiungere nel prossimo futuro?
I nostri obiettivi sono molto semplici: suonare il più possibile e fare dischi nuovi. Siamo già al lavoro su nuovi pezzi che spero riusciremo a fare uscire entro l’anno, inoltre abbiamo un po’ di date fissate da qui a fine estate che pian piano stiamo annunciando. Sicuramente ci piacerebbe andare a suonare in Sud Italia e in Sardegna. Abbiamo tante persone che ci ascoltano da quelle parti e non puoi immaginare quanto ci rode il culo non essere ancora riusciti ad organizzarci per scendere e fare felici tutti. Presto recupereremo, avete la nostra parola.