Dopo essere entrato nella formazione degli Altars, figurando subito al meglio con l’ultimo disco Ascetic Reflection, Brendan Sloan torna a farsi sentire con Convulsing, suo progetto di punta di cui è l’unico membro. Tra il black metal più intransigente e il death metal più contorto, con i due album già pubblicati, Errata (2016) e Grievous (2018), il progetto si è già presentato come uno dei più interessanti in questo panorama, complici composizioni tortuose e intense. L’anima irrequieta della musica del musicista australiano assume connotazioni ancora più imponenti e minacciose con perdurance, suo terzo lavoro che è stato totalmente composto, registrato, mixato e masterizzato dal Nostro, ed è stato pubblicato come autoproduzione.
Questo disco mescola le carte in tavola, dona alla musica dei tocchi più eclettici, che con la loro aurea arcana e caustica modellano un risultato finale di un’eleganza macabra e colossale. È magistrale il lavoro del musicista australiano se si pensa che ogni singolo dettaglio di questo album è stato gestito da lui, non c’è stato un turnista alla batteria o ad altri strumenti, né tantomeno produttori o fonici per contribuire al sound generale delle composizioni, nulla di tutto questo: è tutto gestito in maniera maniacale (o almeno si suppone questa maniacalità, vista la complessità della musica) dalla mente geniale di Brendan Sloan. L’ascolto si presenta subito con la sua natura mastodontica, l’opener “pentarch” è caratterizzata da arpeggi dissonanti che dipingono scenari macabri, rinvigoriti da tutte le altre componenti del lotto, dalle ritmiche sferzanti a un assolo angusto presente poco dopo la metà della canzone. Questa base di partenza ha tanto dissonant death metal in sé, mettendo momentaneamente in secondo piano la componente black metal, e fa emergere un’atmosfera ossessiva, con tocchi che hanno sentori avantgarde in pezzi come “flayed”. L’assalto frontale e spregiudicato di queste prime composizioni bilancia al meglio l’aggressività sfrontata del metal estremo con le visioni più astratte e tortuose. A dimostrare le capacità compositive di Brendan Sloan arrivano i successivi brani che lavorano con scrupolo sulle dinamiche dell’ascolto, non rendendolo una successione stantia di riff cervellotici e spietati. Ha un che di introspettivo e misterioso l’introduzione dell’articolata “inner oceans”, che col passare del minutaggio cresce d’intensità con un arrangiamento a tratti progressive e quasi accessibile nella sua indole comunque ricercata e dissonante. Questo ascolto caleidoscopico nella sua seconda metà mette più in risalto un riffing che sa di black metal, donando così tocchi infernali e talvolta melodici pur mantenendo i richiami a questo genere in secondo piano nell’ottica generale di questa evoluzione del progetto. Il culmine del disco arriva con il gran finale firmato “Endurance”, pezzo che nei suoi 12 minuti accentua tutte le sensazioni di perdurance, dalla sfrontatezza ai tocchi drammatici, con un songwriting più lineare, ma non per questo meno efficace e tagliente rispetto agli altri brani.
Terzo album per il suo progetto Convulsing, e terza dimostrazione da parte di Brendan Sloan di essere un compositore dal talento encomiabile. Nella poliedricità delle sue composizioni si trovano molteplici sfaccettature, tutte valorizzate al meglio e abili nel rendere il lavoro un ottimo esempio di come realizzare un disco unendo vari sound e bilanciando nel migliore dei modi la loro intensità, senza sopraffare l’ascoltatore bensì coinvolgendolo con sempre più curiosità.
(Autoproduzione, 2024)
1. pentarch
2. flayed
3. inner oceans
4. –
5. gossamer pall
6. shattered temples
7. endurance