I LIVLØS colpiscono regolarmente ogni tre anni e no, non sono svizzeri – come potrebbe suggerire la suddetta costanza – bensì danesi (perdonatemi questo divertissement). Iniziarono a divulgare il loro verbo melodic death metal nel 2018 con Into Beyond, un disco che mostrava una band ancora un po’ acerba, con un cantante bravino e nulla più e una produzione che abbassava notevolmente il potenziale delle nove canzoni. Il suono della batteria ancora grida vendetta dopo tutti questi anni. Nel 2021 esce And Then There Were None; il gruppo svela una dimensione più matura, la produzione è migliorata, i suoni curati permettono di apprezzare ogni singolo passaggio. La vera chicca è però un’altra: dietro al microfono arriva un cantante, Niklas Lykke, che permette oltremodo un notevole salto di qualità. Il secondo album è buono, miete consensi come la Morte che campeggia nella bellissima copertina.
Ed è quindi con grosse aspettative che mi sono avvicinato all’ascolto del nuovo disco, The Crescent King, che vede un altro cambio di lineup: Seren Frambo, che aveva mostrato le sue capacità nel precedente album, lascia il basso a Benjamin Andreassen (insieme al batterista Thomas Dannemand una terremotante sezione ritmica). Il resto della band è collaudato, la voce di Lykke è un pelo più abrasiva, le melodie delle sei corde – ad opera di Franz Posch e Kenneth Breinbjerg – risultano meno presenti (mentre gli assoli ci sono sempre e sono piccoli lampi di luce) lasciando l’album in balia di umori più selvatici, a tratti saltano fuori piccoli rimandi al black metal. Durante l’ascolto è possibile notare come i Nostri siano diventati sempre più “una cosa sola” nello scrivere i propri brani, dimostrando così che tre anni spesi tra un’uscita e l’altra abbiano portato i frutti sperati. Raggiunta cotanta maturità, e direi una buona consapevolezza dei propri mezzi, è bello lasciarsi travolgere da una serie di brani che rivelano un’anima variegata in fase di scrittura. Troviamo pezzi death metal, crudi e diretti, ma anche tracce melodiche (Children Of Bodom privati delle tastiere) e come detto poco qui sopra persino del black metal, arrivando a lambire il thrash con alcuni stop and go che farebbero scapocciare chiunque.
La produzione ottima di Jacob Bredahl (Hatesphere, Allhelluja) è un’arma in più per il combo e The Crescent King diventa così un ascolto divertente e coinvolgente: non c’è noia, nessuna esigenza di skippare qualche brano. Quando “Endless Majesty” chiude il disco la voglia di premere nuovamente il tasto play è totalmente giustificata.
(Noctum Productions, 2024)
1. Solstice
2. Orbit Weaver
3. The Crescent King
4. Maelstrom
5. Usurpers
6. Scourge of the Stars
7. Harvest
8. Solace
9. Throne of Cosm
10. Endless Majesty