I tedeschi Chaos Invocation hanno appena festeggiato i vent’anni di attività, e con questo Wherever We Roam… sono ora giunti al quinto album. Il genere proposto è un black metal di gran classe e mai banale, e nonostante i Nostri facciano un forte riferimento ai gruppi più classici (Emperor su tutti per l’intricato lavoro compositivo, ma anche Marduk quando spingono sull’acceleratore, Immortal e primi Satyricon nelle parti piu’ cadenzate, i mai troppo citati Mgła per l’attitudine, etc.), aggiungono anche un tocco moderno e del tutto personale alle canzoni. A partire dalla copertina, molto evocativa a mio avviso, Wherever We Roam… è un disco curato in ogni singolo dettaglio e il risultato finale è un prodotto pressoché perfetto, inclusa la produzione. Wherever We Roam… è pieno di idee e soluzioni che uno non si aspetta e, per essere assimilato in pieno, l’album dovrebbe essere ascoltato più volte. Ogni singola canzone è estremamente originale e i Nostri accompagnano l’ascoltatore in un feroce viaggio all’insegna del Male con la M maiuscola. Voce e chitarra dei due membri fondatori del gruppo (M. e A., rispettivamente) si inseguono per l’intera durata dell’opera, grazie anche ad una mastodontica sessione ritmica che non si ferma un attimo. Gli arrangiamenti e linee melodiche delle chitarre sono super ispirate, e a livello compositivo non hanno niente da invidiare a quanto fatto dal maestro Ihsahn (che sono sicuro apprezzerà il disco). Ottima la prova di M. che riesce a dare un tocco molto personale e convincente usando diversi toni e stili, a volte teatrali, coadiuvato anche da A., che con la sua seconda voce aiuta a rendere i brani ancora più dinamici.
Wherever We Roam… ha un inizio epico che invoca subito alla bestemmia, con la title-track che prosegue senza soluzione di continuità con “Ideal Sodom” che, nonostante il titolo da cinema a luci rosse, offre molti spunti interessanti, break, e cambi di tempo. “Golden Gates And Terrene Light”, nonostante l’omaggio agli Immortal, ce la mette tutta ad essere originale riuscendoci benissimo, con quella chitarra ovattata (ascoltare per credere) che uno non si aspetta, soprattutto quando inserita in un genere dallo stile rigido come il black metal. Forse questa canzone è la migliore dell’album, anche grazie alle continue accelerate che riescono a portare l’attenzione dell’ascoltatore sempre più in alto. “Bridges Aflame” è un altro pezzo molto bello, grazie anche alle ottime melodie disegnate dalle chitarre e ad un uso sapiente delle voci pulite, che aggiungono un tocco epico ad una canzone già epica di suo. Il disco prosegue senza intoppi con “No Throne Withstands”, mazzatella veloce ed efficace di poco più di tre minuti, sapientemente piazzata a metà lavoro, e con la malinconica “This World Wants Us Dead” (mai titolo fu più azzeccato in questo periodo di miseria umana), nella quale si conferma l’ottima prestazione del cantante M., con un ritornello che sono sicuro dal vivo non farà prigionieri. L’album giunge al termine (purtroppo!) con ”Engraving Of The Quivering Pedestal”, molto ispirata con, ancora una volta, delle ottime linee vocali che inseguono delle altrettanto ottime linee melodiche che portano l’ascoltatore a chiedere il bis. Nove canzoni per un totale di 44 minuti, ma per la sua bellezza ed epicità il disco vola via in un attimo, e vi ritroverete a premere di nuovo il tastino play.
In conclusione, un lavoro veramente ispirato, ben suonato, scritto e composto, che farà felice gli estimatori del genere, ma non solo. In questi giorni, senza rendermene conto, mi sono sorpreso più volte a fischiettare diversi pezzi di Wherever We Roam…, e questo è per me una cosa decisamente positiva; ma soprattutto mi sono ritrovato a riascoltare il disco più e più volte, perché è semplicemente molto, molto bello.
(AOP Records, 2024)
1. Wherever We Roam
2. Ideal Sodom
3. Golden Gates and Terrene Light
4. Bridges Aflame
5. No Throne Withstands
6. Longing Grounds (instrumental)
7. This World Wants Us Dead
8. Only in Darkness
9. Engravings Of The Quivering Pedestal