VIDEO NASTY è un termine coniato in Inghilterra negli anni 80 dal comitato censura per indicare i film da VHS che avevano un contenuto violento o comunque mal visto.
Questa nuova rubrica parla di cinema ed è a cura di Carmelo Garraffo.
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ALIEN ROMULUS di Fede Alvarez
La saga di Alien ritorna con Alien Romulus, nuovo rilancio ad opera di Fede Alvarez (La Casa, Man in the Dark), che prende in mano il testimone dopo l’insuccesso del Covenant di Ridley Scott. Alien Romulus è un po’ come una fanfiction di lusso. Ci sono le pose, gli alieni, gli ambienti e la tecnologia giusta ma per quanto si sforzi di citare e riprendere anche in modo divertente e divertito non riesce ad acchiappare al 100% il mood giusto. Non so se è per colpa degli attori giovani ma la trama e la scrittura dei personaggi mancano totalmente dello spessore necessario per elevarli a qualcosa che non va oltre le figurine, tutto questo senza tirare in ballo i sottotesti politici e sociali che caratterizzano la saga di Alien (sia nei capitoli migliori che nei peggiori). È un po’ un problema di Alvarez che nei suoi film sembra sempre mancare di quella cosa lì. Per il resto intrattiene.
LONGLEGS di Oz Perkins
Longless è il nuovo fenomeno horror dell’anno e arriva da Oz Perkins, regista conosciuto per un paio di cose tra cui l’essere il figlio di Antony Perkins (il Norman Bates che tanto ci ha terrorizzato in Psycho) e per aver girato un paio di horror che potremo definire “carini” (February, Gretel & Hansel). Possiamo riassumerlo con “il silenzio degli innocenti con un po’ di Satana”, quindi una caccia a un serial killer che nasconde qualcosa di più che finirà a coinvolgere più del dovuto la nostra protagonista. È il classico film a strati, di quelli che a riguardarlo trovi dettagli che ti erano sfuggiti a una prima visione e vanno ad arricchire l’esperienza e a darti ogni volta dei piccoli tasselli che possano aiutare alla totale comprensione. Ben girato e sicuramente con un fascino tutto suo non riesce fino in fondo ad essere quel film intelligente che vorrebbe essere ma ti rimane dentro abbastanza da farsi ricordare.
STARVE ACRE di Daniel Kokotajlo
Starve Acre è uno di quei film che scende poco a compromessi. O ti piace il genere o è difficile che il film ti faccia innamorare. È un folk horror lento nell’incedere che arriva tutto sotto pelle come le radici di un albero che sembra non esserci più. Non gioca in alcun modo ad essere ruffiano come altri (Midsommar, per esempio, che rimane un film che adoro alla follia) ma se cercate un folk horror da campagnia inglese girato come se fosse uscito negli anni 70 questo è il film che fa per voi. I protagonisti hanno le belle facce di Matt Smith (che dopo Doctor Who ha infilato due personaggi come il principe Carlo in The Cown e il cattivissimo Daemon Targaryen in House of the Drago) e Morfydd Clark (salita alla ribalta con Saint Maud e Gli Anelli del Potere). Bello ma non per tutti.
SATAN’S SLAVE di Joko Anwar
E se vi dicessi che la rinascita del cinema horror sta passando (anche) dall’indonesia senza che l’occidente se ne stia accorgendo? Un po’ come successe anni fa con il j-horror, gli horror made in Giappone che a un certo punto hanno invaso e plasmato i codici del cinema horror mondiale, così anche l’Indonesia si è costruita negli anni un linguaggio e una filmografia horrorifica gigantesca a causa dello strano mix di religione e folklore molto vivo nel paese che ha sempre avuto anche in passato una storia cinematografica fatta di horror, perlopiù a basso costo, ma che grazie a una serie di investimenti esteri da un po’ di anni sta rilanciando il proprio cinema grazie a un manipolo di nuovi registi. Joko Anwar è la punta di diamante del paese per quanto riguarda il genere e Satan’s Slave, remake di un vecchio classico, è un buon punto di partenza per scoprire questo nuovo filone cinematografico. All’interno tutti temi cari a questo tipo di cinema fatto di religione, folklore, spiriti e sangue. Vi consiglio di darci un occhiata, non ve ne pentirete.
EXHUMA di Jang Jae-hyun
È ormai da qualche anno che il cinema Coreano ha sfondato i propri confini riuscendo ad arrivare anche dalle nostre parti. Chi segue quel cinema da anni sa bene quanto fosse inevitabile vista la marea di ottimi film e ottimi autori presenti da quelle parti. Da Train to Busan a Parasite fino ad arrivare allo Squid Game televisivo abbiamo imparato a conoscere quel particolare modo di fare film, spesso corali e pieni di idee. Exhuma è un film coreano che è andato molto bene in patria. È un horror ad alto budget con un cast stellare super affiatato (con a capo Choi Min-Sik, protagonista di Old Boy) che parla di spiriti o, per meglio dire, di una squadra di persone assunte per verificare se gli spiriti in questione esistono e successivamente scacciarli. Ovviamente nel caso in questione le cose si faranno molto complicate. Parliamo quindi di un solidissimo folk horror che usa il genere non solo per imbastire una storia di genere che possa intrattenere per più di due ore ma anche per parlare del passato e del presente del proprio paese, in una commistione che eleva il film a un qualcosa di sicuramente più stratificato. Molto bello.
THE FIRST OMEN di Arkasha Stevenson
È un peccato che Arkasha Stevenson, la regista di questo prequel di Omen, abbia esordito con questo film come primo lungometraggio. Lo è perché la sensazione è quella di un prequel inutile che si eleva esclusivamente grazie alla regia e ad alcune ottime idee di messa in scena con cui riesce a tenerti lì per due ore nonostante la sceneggiatura sia davvero poca cosa. Si, lo so, ci ha messo mano anche lei nella scrittura ma mi chiedo quanto lo abbia fatto in un contesto in cui si è legati ad un franchise che ha una direzione e delle regole sicuramente non dettate da sue scelte. Penso abbiate capito che questo The First Omen è il prequel di quel Omen (iil Presagio) ormai cult e che cerca in modo postumo di creare un prima cercando di rispettare tutto quello che, per motivi legati alla trama principale della saga, deve per forza succedere. Nonostante questo tutto il film riesce a unire i puntini e a prendersi anche dello spazio lasciandomi la speranza di rivede questa regista dietro la macchina da presa in un qualcosa di più personale. Buoni anche gli attori con una Nell Tiger Free che mi ha ricordato Isabelle Adjani in Possession e un Ralph Ineson che con quella voce dovrebbe fare una serie infinita di podcast con cui farci addormentare e fare sogni col demonio. Buono.
MAXXXINE di Ti West
Capitolo finale di una trilogia horror iniziata con X, seguita da Pearl e ora conculsa con questo terzo film della trilogia, MaXXXine è probabilmente il migliore del lotto, almeno per me. Ti West è un regista che nel tempo ha saputo farsi riconoscere per uno stile che potremmo definire volgarmente “citazionista”. In realà non è proprio così semplice per il nostro che solitamente prende un periodo storico con relativo genere di appartenenza e cerca di costruirci intorno in modo fedelissimo una storia. Con questa trilogia, più che nei film passati, ci porta in un viaggio attraverso il tempo e sopratutto attraverso i (sotto) generi di quel tempo. In particolare questo capitolo finale non è grottesco come il primo ne un “esercizio di stile” come il secondo e riesce a fare un film più compiuto (pur rimanendo citazionista) che tira le fila di un discorso con una certa dose di stratificazione (niente di troppo complesso eh) sperimentando il giusto. Non annoia mai e si arriva in fondo facili facili, che per un film di genere è sempre un bene. Non tutti i nodi narrativi si incastrano perfettamente, sopratutto nel finale, ma hey, non credo voglia essere il film più complesso del mondo (non lo è mai) quindi fa quello che vuole fare con un sacco di facce famose che sembrano divertirsi. Bene così.
LATE NIGHT WITH THE DEVIL di Cameron e Colin Cairnes
Nel 1992 la BBC manda in onda Ghostwatch il primo horror mokumentary nella storia della televisione. Il problema, all’epoca, era che in pochi si accorsero che quello che stavano vedendo era un film e lo presero per vero, un po’ come accadde nel 1938 con la trasmissione radiofonica La Guerra dei Mondi (CBS, sempre Inglesi). Il motivo? il film era girato come un vero programma televisivo (che andava in onda regolarmente) con dei veri presentatori a interpretare se stessi all’interno dell’operazione che simulava il reale per finire nell’irreale. Ovviamente la cosa causò un bel macello. Late Night With The Devil prende in prestito quell’idea per farne un film vero (dichiarato, a sto giro). Un film che mette in scena un programma televisivo dove a un certo punto arriva Satana. Tutti i pregi e i difetti del film spesso coincidono. Il suo aspetto da Late Show che alle volte rende il ritmo e l’aspetto un po’ monotono per via della sia natura real time ma, parere personalissimo, mi ci sono divertito veramente molto. Sono un fan del cinema delle idee e, di sicuro, qui ce ne sono molte e perlomeno si va incontro a qualcosa di particolare rispetto a un classico horror. Se volete passare una serata col diavolo ci sono modi peggiori per farlo.