Lo stile dei Black Aleph avvicina l’ascolto sperimentale a tutto il sottobosco musicale di nicchia, dove le loro sonorità sotterranee evolvono in un timbro eccentrico e dormiente ma si distinguono da altre realtà grazie anche alla line-up geniale che vede chitarra, violoncello e tamburo iraniano mescolando a dovere diverse influenze narrative. Il gruppo nasce principalmente tra Melbourne e Sidney in Australia e fonde il suo cammino in altre diverse città creando un sound unico e riflessivo; con questo album di debutto Apsides, distribuito dalla dunk!records si accende un avvincente viaggio post-rock con tendenze drone, dove i tre musicisti con una qualità importante mettono a nudo un capitolo oscuro e ben strutturato.
L’iniziale “Descent” apre un portale inquietante che dilania l’atmosfera portando l’ascolto su un cammino martellante e deciso del tamburo, con riff grintosi e linee sottili vocali che agitano una danza macabra; il violoncello come chiusura della traccia inserisce quella chiave emblematica e di carattere. Il brano che segue viene diviso in due sezioni interessanti: in “Ambit I (Ascension)” la chitarra dissonante abbraccia un desiderio malinconico che non trova sfogo e viene accompagnato dal ronzio soffuso degli archi, mentre in “Ambit II (Aphelion)” il sintomo soffocato si risveglia dal silenzio in una timbrica dallo stile indiano e il passaggio di voci bianche di sottofondo esplode in un bridge finale delirante fuori dagli schemi. “Separation” accoglie un altro sospiro drammatico del violoncello che fa un lavoro sopraffino e si immerge in un animo intimo abbandonato nell’oscurità. Il trittico conclusivo poi assorbe le note dure di “Precession”, una traccia infernale dal timbro doom metal con elementi di improvvisazione che tendono al progressive, uno dei brani più completi dell’intero lotto che mette in risalto l’infallibile fantasia dei musicisti, passando poi per “Return” e una sensualità morbida che spalma gli arpeggi magici di chitarra in una sensazione coinvolgente. Il disco si chiude con “Occultation”, una composizione che disturba il suo passaggio e fa perdere l’attenzione, ciò nonostante mette in risalto numerosi riferimenti sonori ai coreani Jambinai.
La musica dei Black Aleph è complessa da digerire e con questo buon primo lavoro di appena trenta minuti si riesce già a capire la direzione che i Nostri vogliono prendere nel futuro; senza dubbio bisogna fare un ascolto approfondito per captare meglio quest’opera.
(dunk!records, 2024)
1. Descent
2. Ambit I (Ascension)
3. Ambit II (Aphelion)
4. Separation
5. Precession
6. Return
7. Occultation6.5