Strana creatura questa band: partiti con un death metal senza infamia e senza lode, si sono velocemente trasformati in qualcosa che, a conti fatti, suona molto più centrato e convincente. Echoes Of Light è il quarto album per il gruppo tedesco, che dopo la sua pubblicazione ha visto praticamente smontarsi la line-up. Infatti ora è rimasto solo Laurent Teubl, chitarra e voce, a tenere alto il vessillo dei Chapel Of Disease. Per altro Teubl ha un timbro vocale che, al primo impatto, può risultare forzato, o quantomeno poco adatto alle sonorità hard rock di questo nuovo album in studio; ma poi, ascolto dopo ascolto, si impara ad apprezzarne le asperità, mentre da subito la sua sei corde adesca l’attenzione e convince con una serie infinita di melodie catchy, ma mai facilmente incline al diabete, e solos che alzano parecchio la quota corna al cielo.
La title-track apre le danze con il suo heavy metal oscuro che va braccetto con un death and roll figlio di notti brave; le melodie, come appena detto, sono propedeutiche al facile airplay, concettualmente siamo vicini anche al progressive/dark rock degli anni Settanta, mentre nel finale la deriva strumentale è un fottuto manifesto di grandissima musica e al diavolo qualsiasi etichetta. “A Death Though No Loss”, così terremotante nei primi tre minuti, si ripiega su se stessa con un break hard blues che ci catapulta, con somma eleganza, indietro di cinquant’anni almeno salvo poi sfoderare un poderoso colpo di reni e chiudere con una ripartenza a mille, cucinandoci una fuga strumentale a dir poco epica. I Nostri scrivono brani medio-lunghi e dentro sanno infilarci di tutto senza mai apparire confusionari; sanno gestire la materia, plasmando brani che si possono serenamente definire perfetti. Infatti, a suffragio di quanto appena detto, “Shallow Nights” incide la nostra schiena con brividi profondi. Un brano epico, ai confini delle ballad, la voce di Laurent Teubl diventa pulita – ed è una piacevolissima sorpresa – e le chitarre che disegnano emozioni. Una canzone davvero bellissima. Dopo tre brani “colti” ecco che i tedeschi si lasciano andare alle follie della festa e “Selenophile” è grottesca, scarna, un hard rock asciutto e primitivo, con un mood che rimanda al carrozzone colorato dei Lordi. Tamarri ma convincenti. L’unica nota negativa arriva da “Gold – Dust” che nonostante un lavoro più che buono alle chitarre risulta abbastanza innocua e interlocutoria; un brano gettato quasi per caso, un’occasione sprecata.
Ma la band non si perde d’animo e chiude il lavoro con “An Ode To The Conqueror”: via tutte le spore al death, via tutte le nuvole oscure, dalle casse esce del gran hard rock. Un’ottima chiosa per un album che potrà piacere a chi ama le sonorità rock, venate di oscurità, sensualità e alcolismo, ma soprattutto per chi ama i Tribulation, che sono il vero punto di riferimento dei Chapel Of Disease.
(Ván Records, 2024)
1. Echoes Of Light
2. A Death Though No Loss
3. Shallow Nights
4. Selenophile
5. Gold – Dust
6. An Ode To The Conqueror