Gli olandesi AntropomorphiA sono in giro già da un bel po’ di anni, essendo all’attivo dai primi anni Novanta (il gruppo si è formato nel 1989, ed il loro primo demo è del 1992), ma questo loro ultimo lavoro intitolato Devoid of Light arriva dopo una lunga assenza dalle scene durata sei anni, dato che il loro ultimo lavoro precedente (Merciless Savagery) era uscito nel 2019. Il genere proposto è un death metal dal retrogusto svedese e contaminato da sprazzi di black metal molto tirato, oscuro e cavernoso, e che ci fa ricordare quanto il mondo in cui viviamo sia malato e contorto. Per una serie di circostanze non chiare la registrazione di Devoid of Light è durata due anni e mezzo, ma direi che questo lungo periodo di gestazione ha dato i suoi frutti. Il disco è infatti sparato ai mille all’ora dall’inizo alla fine, ed è una bella mazzata di solido death metal che di certo non inventa niente di nuovo, ma che di sicuro non deluderà gli estimatori del genere. Ma nonostante la violenza e la velocità, nell’album non mancano mid tempo e brevi accenni melodici che impreziosiscono le canzoni e che per pochi istanti ci aiutano a rivedere la luce, per poi ritrovarci nuovamente in picchiata verso il loro oscuro mondo. In questo caso, la forza trainante del disco è la voce catacombale di Ferry Damen (che suona anche la chitarra) che non molla un attimo e dà il massimo dall’inizio alla fine.
L’album parte subito a bomba con “The Withering Stench of Hope”, cavalcata classica di death metal trainata da una batteria che non fa prigionieri, riff che attingono a due mani dal cassonetto del black metal e assoli provenienti direttamente dai maestri Deicide. E se il buon giorno si vede dal mattino, gli AntropomorphiA hanno in serbo per noi una giornata niente male, infatti tutte le canzoni successive rimangono di alto livello. Tra le più interessanti mi sento di consigliare i riff tritasassi di “Funeral Throne”, l’atmosfera malsana evocata in “In Writhing Rapture” e la pesantissima “Cancerous Bane”, che tra l’altro era già stata pubblicata all’inizio dell’anno come singolo. Queste ultime due tra l’altro mi hanno fatto tornare alla mente il senso di soffocamento che si prova quando si ascoltano i Tombs. E visto che siamo in tema di atmosfere malsane e sulfuree, un ascolto obbligato lo si deve dare alle conclusive “In the Shade of the Devil’s Horns” e “Triumphant Death”. In quest’ultima tra l’altro, si denota anche una certa voglia da parte della band di sperimentare con i suoni e trovare soluzioni che escono fuori dalla classica cornice del death metal. Ed è proprio per questo che forse proprio “Triumphant Death” è la più inspirata tra le nove canzoni che compongono Devoid of Light.
In conclusione, mi sento proprio di consigliare questo disco: onesto death metal che fa il suo sporco lavoro e va dritto al sodo; oscuro, malvagio, perfetto per quando volete chiudervi a riccio nel vostro misantropico mondo.
(Testimony Records, 2025)
1. The Withering Stench of Hope
2. Devoid of Light
3. Funeral Throne
4. In Writhing Rapture
5. Cancerous Bane
6. Unending Hunt
7. Ash Drapes the Earth
8. In the Shade of the Devil’s Horns
9. Triumphant Death