La band francese dei Vertex ha combinato un pasticcio. È presto detto: pur avendo un’indiscutibile bravura nel comporre e suonare i propri brani, ecco che tutto quello che va a finire su disco è totalmente derivativo. A tal punto che potrebbe trattarsi di una tribute band, vista l’aderenza stilistica a band come Meshuggah, Gojira, Animals As Leaders – soprattutto queste e più in generale al mathcore e al djent, riproposti pedissequamente – con sprazzi vocali e melodie che strizzano l’occhio a Devin Townsend, Mudvayne e Pantera. Insomma, un mischione di roba che, come accennato poco sopra, è talmente derivativo che potrebbe scattare una denuncia per plagio.
The Purest Light, con una copertina tra l’arte contemporanea, le derive dell’intelligenza artificiale, la morbosità per la carne umana, è un album che messo in sottofondo regala tanti momenti divertenti, coinvolgenti, a tal punto che si lascia perdere qualsiasi cosa si stia facendo, ritrovandosi a fare air guitar, a cantare a squarciagola, a mulinare invisibili bacchette nel soggiorno di casa. Ma poi, in uno sprazzo di lucidità, ci si ferma. La musica continua a scorrere impetuosa, col suo schizofrenico alternarsi tra freddi e chirurgici assalti sonori e momenti dove il groove diventa vento caldo, olio bollente. E tu sei lì, fermo come un palo nella stanza. Sudato. Un po’ provato. Molto confuso e spaesato. Perché ti stai facendo coinvolgere da copie carbone di brani, dischi e artisti che ami da tempo, che hanno già scritto tutto quello che c’era da scrivere (e pure meglio!). Un altro particolare che va a danneggiare questo album è l’eccessiva durata. 53 minuti di musica trita e ritrita sono da considerarsi fuorilegge. I Vertex avrebbero potuto tagliare venti minuti – almeno! – raccogliendosi attorno alle poche cose valide che suonano autografe – tipo la vena prog metal, tipo la spavalderia hardcore – tirando fuori qualcosa di più valido, efficace e personale.
La buona tecnica e l’ottima produzione sono due valori aggiunti; da questi e una maggiore personalità, magari acquisita anche grazie a recensioni come questa, la band dovrebbe ripartire, andando a percorrere nuove strade, lastricandole con un sound tutto loro. Sono convinto che così facendo, troveranno numerosi fan disposti a percorrere questo sentiero.
(Le Cri Du Charbon, 2025)
1. All My Hatred
2. War Is Peace
3. The Purest Light
4. Leviathan
5. Two
6. Next Age
7. Social Unborn
8. Following Arrows
9. Scalable
10. Tar