Nati e cresciuti nell’underground hardcore e punk danese, i JawTrap (mi raccomando, da non confondere con i tedeschi Trapjaw, che suonano dell’altro) pubblicano la loro prima fatica intitolata Hellscape. I Nostri sono dediti ad un grindcore del tutto particolare, con fortissime tinte hardcore e punk, e con pennellate di crust qua e la, ma soprattutto con tanta voglia e nessuna paura di sperimentare, tanto da far sì che il termine “grindcore” in molte delle tracce vada strettissimo.
I JawTrap a volte mi ricordano i classicissimi Napalm Death, oppure i Wormrot degli ultimi tempi, a tratti assomigliano agli At the Drive-In, a volte invece è musica che non avevo mai sentito in un contesto grindcore… Cercare di dare delle coordinate alla loro proposta musicale è infatti riduttivo: i JawTrap sono invero talmente personali e imprevedibili, sia nel modo di suonare che in fase compositiva, che li fa contraddistinguere all’interno dell’universo grindcore, considerando anche che è un genere nel quale è facilissimo cadere nel calderone del “tutto uguale/tutto già sentito”… Per capire cosa sto dicendo, ascoltate ad esempio “Black Grunge”: una canzone bellissima, che di grindcore ha pochissimo, quasi niente, ma sembra quasi più un tributo ai Dead Kennedys che ogni tanto preme sull’acceleratore. Ma nonostante tutta questa capacità di cambiare pelle tra una canzone e l’altra, quando vogliono, i Nostri riescono a rimanere ben saldi e legati alle radici del genere, ed infatti sfoderano con successo tracce di pochi secondi, come ad esempio “Short Form Content”, che dura meno di 5 secondi, o “Rage Quit” che è un classico pugno nel naso di grindcore che dura meno di un minuto, oppure “Matière Grasse” che è un altro grande classico schiaffone grindcore. Anche dal punto di vista dei temi trattati, rimaniamo nei classici del genere, quindi manifesti politici e sociali tanto cari al genere, che aiutano a dargli un certo contesto culturale e contegno. Altre canzoni che mi hanno stupito sono “Incel Tears” che è molto maideniana, la particolarissima “Deicide” (no, non ha niente a che fare con la band di zio Glenn) che è trascinata da un solidissimo basso in primo piano, o ancora “Bread and Circuses”, che si avvicina di più al classico hardcore, ma con un quid in più, e la conclusiva “Patterns” che è di nuovo un altro lampante esempio di come il termine “grindcore” gli vada strettissimo… Potrei andare avanti per molto ancora, perché alla fine dei conti ci troviamo di fronte ad un album strepitoso senza nessun calo di tensione, che merita di essere ascoltato dall’inizio alla fine, e dove bene o male tutte le canzoni hanno sempre un qualcosa di particolare che merita di essere ascoltato. Tra l’altro, il piazzamento dei diciassette brani che compongono Hellscape è perfettamente bilanciato, e quindi ci troviamo di fronte ad un equilibrio perfetto tra parti più tirate e tipicamente grindcore, a canzoni più punkeggianti, a loro volta mimetizzate in mezzo a tracce più sperimentali. Di sicuro questo aiuta l’ascoltatore, evitando di farlo annoiare, ma soprattutto stuzzicandogli la curiosità che gli farà pensare “Chissà cosa viene dopo…”. Io non sono sicuro se questo è stato voluto o meno, ma devo dire che questa strategia funziona benissimo.
Come avrete capito, Hellscape mi ha lasciato veramente sorpreso, e ovviamente mi è piaciuto molto. Un disco che sicuramente piacerà anche a chi normalmente non mastica grindcore, e che saprà fare contenta molta gente dai gusti molto differenti. Bravissimi JawTrap, in (experimental) grind we trust!
(5FeetUnder Records, 2025)
1. Death by a Thousand Cuts
2. Who Would Jesus Bomb?
3. Rage Quit (feat. Stöj Snak)
4. Vote with Your Wallet
5. Short Form Content
6. Incel Tears (feat. Troels, Vægtløs)
7. Necronomics
8. Deicide
9. Bread and Circuses
10. Matière Grasse (feat. Rasmus, Columbian Neckties)
11. Wake Up and Smell the Coffin
12. The Daily Grind
13. Black Grunge
14. Prophets of Profit
15. Situation Tragedy
16. Heirlooms
17. Patterns (feat. Trong, Omsorg)