
Non capita spesso di vedere associate le parole Armenia e Black Metal, ma gli Ildaruni sono il collante che riesce a far funzionare questa bizzarra associazione… Ma facciamo un passo indietro. Ho recentemente finito di leggere la biografia di Serj Tankian, l’eclettico cantante dei System Of A Down (spero di non doverlo specificare, ma non si sa mai), e tutto il libro ruota intorno alle sue origini armene, alla sanguinosa storia dell’Armenia, alla fierezza del suo popolo e all’attaccamento che hanno per le loro tradizioni. Tutto questo per sottolineare che adesso sono diventato cintura verde di Armenia. Io rido e scherzo perché sono scemo, ma purtroppo la storia di questo Paese è lastricata di violenza e terrore, e questo solo perché il suo popolo vuole mantenere intatta la sua autonomia, le sue tradizioni e la sua storia. Ecco, se guardiamo l’Armenia sotto questo punto di vista, l’associazione con il black metal smette di essere bizzarra ed inizia ad avere un senso.
Gli Ildaruni provengono dalla capitale Yerevan e sono dediti ad un black metal dalle forti tinte folk: le atmosfere che i Nostri riescono ad evocare richiamano infatti ad un antico e primordiale passato in quella che è da tutti considerata la culla dell’umanità, e che musicalmente mi ricorda i primi bellissimi lavori dei Moonspell, ed in particolare quel capolavoro del loro primo EP Under the Moonspell. Dopo un demo nel 2018, seguito da alcuni singoli, nel 2021 hanno pubblicato il loro album di esordio intitolato Beyond Unseen Gateways, che mi era piaciuto molto, proprio grazie al folk di cui parlavo. Adesso i Nostri sono tornati alla carica con il loro secondo lavoro intitolato Divinum Sanguinem. Questo nuovo disco si concentra sul mitraismo, vale a dire l’antico e misterioso culto che venerava il dio Mitra, originato più di duemila anni fa nella area geografica di cui l’Armenia fa parte, e le nove canzoni che compongono l’opera sono nove riti che a detta loro porteranno l’ascoltatore a trascendere e a raggiungere un livello di coscienza superiore (sarà… Io l’album l’ho ascoltato diverse volte ma rimango un coglione). Rispetto al precedente Beyond Unseen Gateways, questo nuovo lavoro ha perso un poco la matrice folk che li caratterizzava, ma questo non vuol dire che l’album sia meno apprezzabile o meno dignitoso. In generale, i brani sono più diretti, ben scritti e con degli arrangiamenti bellissimi che vanno scoperti piano piano, dimostrando che gli Ildaruni sanno fare benissimo il loro lavoro, senza contare che è suonato molto bene (menzione d’onore per il bravissimo batterista Arthur Pohosyan, che non ha niente da invidiare a più famosi e blasonati batteristi della scena). C’è molta epicità in questo disco, ed i numerosi cambi di tempo, intermezzi, e break aiutano a renderlo godibilissimo e mai noioso. A rendere il tutto ancora più coeso, troviamo le tastiere che, sebbene presenti, non risultano mai ingombranti, ed aiutano a rendere i brani ancora più interessanti ed impreziositi senza però renderli troppo stucchevoli. In Divinum Sanguinem aleggia la presenza dei Mgła ed in generale della scuola polacca, ed un chiaro esempio si può sentire ad esempio nelle bellissime “Forged with Glaive and Blood” e “Zurvan Akrane”. Io ho citato questi due pezzi, ma sono solo due esempi: ho fatto infatti fatica a trovarne uno un po’ più debole o un mezzo passo falso, ed infatti i nove brani che compongono Divinum Sanguinem sono tutti all’altezza e l’album non cala mai di qualità.
Dopo il bellissimo Beyond Unseen Gateways, i Nostri si riconfermano i portabandiera non solo del black metal Armeno, ma del black metal in generale. Come avrete capito, Divinum Sanguinem è davvero un bellissimo disco, e gli Ildaruni meritano tutto il nostro supporto!
(Black Lion Records, 2025)
1. Mithras Alone Is My Wreath
2. The Ascension of Kosmokrator
3. Of Nomos and Flaming Flint Stone
4. Forged with Glaive and Blood
5. Zurvan Akrane
6. Arcane Sermon
7. Immersion into Empyrean
8. Scorching Pathways to Samachi
9. Divinum Sanguinem


