
photo credits: Michela Atzori
Con “Eight Hundred Years”, i Regrowth proseguono il percorso concettuale iniziato con “Downpour” e svelano un nuovo frammento dell’universo narrativo racchiuso nel loro secondo album, A Story Worth Listening To, in uscita il 28 Novembre.
La band metalcore/melodic-hardcore di Cagliari torna con un brano intenso e viscerale che riflette sul concetto di eredità, non solo quella materiale, ma quella emotiva, morale e storica che attraversa i secoli e si tramanda, consapevolmente o meno, di generazione in generazione.
“Eight Hundred Years” affronta il tema del retaggio individuale e collettivo, mettendo in luce come ciò che ereditiamo non sia sempre positivo: memorie distorte, bugie, tradimenti e sofferenze si mescolano ai ricordi felici, diventando parte integrante di ciò che siamo.
In un scenario pre-apocalittico, il brano invita a fare i conti con la storia, personale e universale, e con il peso invisibile che ogni essere umano porta con sé, come se esistesse un ponte simbolico che unisce le anime e le azioni di chi è vissuto ottocento anni fa con quelle del presente.
“Abbiamo immaginato un futuro in cui ciascuno si ritrova a fare i conti con ciò che ha vissuto, con le scelte proprie e dei suoi predecessori. Come se il destino non fosse scritto, ma ripetuto, ogni ottocento anni,” racconta la band.
Il brano è accompagnato da un visualizer diretto e prodotto da Marco Camarda e Paolo Angelo Loi, in cui una sequenza di immagini evocative e simboliche ricostruisce un’esperienza quasi extracorporea: un flash, una visione di fine vita, un viaggio nella memoria e nella paura della fine di tutto.
Attraverso questo linguaggio visivo e sonoro, i Regrowth rappresentano la paura della fine della normalità, una sensazione che appartiene alla nostra epoca e che, forse, accompagna da sempre l’essere umano.
“Eight Hundred Years” è prodotto, registrato e mixato da Lorenzo Mariani presso Overcore Studio, con mastering a cura di Brad Boatright (Audiosiege Studio, USA).


