Stadia Rods è il debutto degli svizzeri Coilguns, ed è sicuramente un inizio incoraggiante per una band che, fin dalle premesse, rischiava di essere considerata un side project derivativo e poco personale. Sarebbe facile infatti definire questa band come “il nuovo gruppo di Louis Jucker e Luc Hess dei The Ocean”: i due, insieme al chitarrista Jona Nido, vanno a formare un progetto che ha tutte le carte in regola per affermarsi come realtà molto interessante nell’affollato calderone post-hardcore.
La loro unica pubblicazione precedente è stata uno split con i Kunz (altro progetto, noise/sludge stavolta, di Louis e Luc), che ci presentava i Coilguns come una band dedita ad un intricato hardcore / mathcore figlio di The Dillinger Escape Plan e Converge, piuttosto prevedibile nello stile ma capace e preparata. Questo Stadia Rods dimostra già una personalità decisamente maggiore e una ricerca compositiva più raffinata: le somiglianze con altri nomi famosi (soprattutto i Norma Jean) ci sono ancora e si sentono, specialmente in un pezzo come “Zoetropist”, ma nell’arco di tutto il disco i Coilguns dimostrano di avere un ampio bagaglio di influenze da cui attingere. Illuminante in questo senso “In The Limelights”, che vede gli svizzeri alle prese con momenti più sporchi a cavallo tra il noise e lo sludge, o l’opener “Parkensine”, che mette in chiaro fin da subito come l’aggressività senza compromessi non sia affatto l’unica ragion d’essere di questi ragazzi. Ancora più evidente è il contrasto in “The Shuftan Process”, divisa in una “Part 1” che ha un che di “dillingeriano” e in una seconda parte invece molto più atmosferica e dilatata.
I Coilguns insomma, pur essendo comunque facilmente etichettabili e accostabili ad altri gruppi, dimostrano di avere assimilato appieno la lezione dei maestri Converge e The Dillinger Escape Plan, discostandosi da loro a livello di stile ma facendo propria quell’attitudine alla sperimentazione che ha prodotto quella cervellotica furia sonica tanto apprezzata nella musica di quei mostri sacri; sicuramente il trio svizzero si muove in un panorama affollato, ma ha tutte le carte in regola per emergere. In fondo, dopo i Norma Jean non c’è più stato un gruppo che sia riuscito a raggiungere certi livelli di fama: pure loro dopo il capolavoro O’ God The Aftermath non sono più stati in grado di ripetersi, e anche i “figliocci” The Chariot, nonostante il parziale exploit qualitativo di Wars And Rumors Of Wars, hanno dimostrato di non essere davvero niente di che.
Date dunque un’opportunità a questi ragazzi, perché Stadia Rods è un buon punto di partenza per una band che, se non si perderà per strada come hanno fatto molti loro simili in passato, ha le potenzialità per portare una ventata d’aria fresca in un ambiente che vive solo di leggende pre-pensionate (Botch, Breach), maestri del passato e del presente (oltre ai nomi già fatti potremmo aggiungere i Coalesce) e promesse non mantenute o mantenute solo a metà. Noi contiamo davvero che i Coilguns possano non finire in quest’ultima categoria, intanto li teniamo d’occhio e aspettiamo da loro ulteriori sviluppi.
(Pelagic Records, 2012)
1. Parkensine
2. Zoetropist
3. In The Limelights
4. Witness The Kern Arc
5. The Shuftan Process Part 1
6. The Shuftan Process Part 2
7.0