
Nati ad Amburgo nel 2006, gli A Dog Called Ego si sono sempre contraddistinti per il loro stile capace di riunire fonti d’ispirazione diverse, che vanno dai Pink Floyd fino ai Porcupine Tree, passando per i Pearl Jam ed i King Crimson. Il loro ultimo album (il quarto per la precisione), Paper Boat, non tradisce questa attitudine e conferma la tendenza dei quattro membri a costruire suoni che sono un vero e proprio giro di ottovolante,
L’album infatti parte con “Hollow Tree” ed il suo sound decisamente rilassare, per poi proseguire con “Race To Ruin” dallo stile più ruggente; segue poi “Private Inequity” che possiamo tranquillamente indicare come il pezzo più elaborato di tutto il lotto a livello di basso, batteria e voce. Con “Paper Boat” invece si torna ad un’atmosfera più melodica che introduce la seconda parte dell’album, dove atmosfere riflessive e quasi meste si alternano in “Holding Hands” e “Echoes In The Glass” per poi concludersi con “Kyrie” e “When All Is Said And Done”, suonate con una tale libertà da sembrare quasi improvvisate.
Insomma gli A Dog Called Ego fanno sul serio e non hanno paura di sfoggiare la loro tecnica e talento anche a rischio, talvolta, di sembrare un po’ fini a se stessi.
(Autoproduzione, 2025)
1. Hollow Tree
2. Race To Ruin
3. Private Inequity
4. Paper Boat
5. Fault Lines
6. Holding Hands
7. Echoes In The Glass
8. Kyrie
9. When All Is Said And Done


