Con i tempi che corrono è molto complicato impressionare. Pare che il tempo per gustarsi le cose sia finito, pare molto lontano quel periodo in cui ci si sedeva sulla poltrona in compagnia di un buon libro e di buona musica. Si va sempre di fretta, ma per andare dove alla fine? Facciamo qualcosa di anacronistico: mettiamoci comodi e gustiamoci questo dischetto prog rock. Perché va fatto con calma, altrimenti si perderebbe troppo della proposta e dell’essenza degli Airbag.
Già con The Greatest Show On Earth i Nostri hanno manifestato tra le righe una voglia di cambiamento. L’ispirazione dei Pink Floyd era già marcatamente presente, ma con questa nuova fatica diventa ancor più evidente, ripartito in cinquanta minuti circa, suddivisi in sei brani che ricalcano il discorso intrapreso tre anni orsono.
Disconnected possiede un’anima introspettiva e turbata. Si parte senza indugi con “Killer”, brano dall’attitudine prog imperniato su chitarre effettate e synth, senza dubbio i protagonisti dell’intera opera. A questi elementi si sposa a meraviglia la voce eterea di Tostrup, capace di donare un tocco di malinconia a tutto il full-length. Suoni spaziali si fanno avanti con “Slave”, una delle ballad del lotto, sicuramente la più emozionalmente impattante. Una caratteristica in comune a tutte le canzoni dell’album è l’attrazione gravitazionale che generano. Prendiamo ad esempio la title-track, una suite di tredici minuti nei quali si mostrano tutte le sfaccettature della band norvegese: intro strumentale ed ipnotica, delicati intermezzi delle tastiere e senso di ansia ed inadeguatezza di fronte al mondo. Le chitarre prendono il sopravvento dando colore alla traccia, con un assolo meraviglioso fino al break successivo, capace di ricreare un’atmosfera sospesa ed interlocutoria.
Gli Airbag sono sempre capaci di regalare forti emozioni contrastanti. In alcuni attimi si percepisce come una pace interiore, che viene spazzata via da una tempesta e sostituita con un fortissimo senso di ansia, evidente in particolare nella conclusiva “Returned”. Rispetto al passato i freddi norvegesi hanno fatto un ulteriore passo avanti, ma probabilmente possono ancora fare meglio. Senza dubbio questo percorso intrapreso sulla scia dei Pink Floyd porterà loro degli ottimi risultati e un’ulteriore evoluzione, sempre che non comincino a seguire la lezione dei Maestri in maniera troppo pedissequa.
(Karisma Records, 2016)
01. Killer
02. Broken
03. Slave
04. Sleepwalker
05. Disconnected
06. Returned