Gli Alber Jupiter sono un duo strumentale fondato nel 2017 a Rennes, (Francia) da Nicolas Terroitin (basso, synth) e Jonathan Sonney (batteria, basso, synth). Il loro secondo album Puis vient la nuit (Poi viene la notte, n.d.r.) esce a distanza di 5 anni dal loro esordio (We Are Just Floating In Space), dopo un tour europeo che li ha visti affiancati a gruppi del calibro di Föllakzoid, Camera, Minami Deutsch, Acid Mothers Temple, e dopo la partecipazione al prestigioso festival musicale Trans Musicales. Sempre 5 sono le tracce che compongono il nuovo lavoro dei Nostri. Gli Alber Jupiter proseguono la ricerca psichedelica del precedente album e non si allontanano dalle tematiche già espresse in esso: viaggi ed esplorazioni interstellari al suono di chitarre acide, liquide ed ipnotiche.
Il disco esordisce con synth apocalittici e minacciosi portati di sovente verso l’estremo, nel quale i due ragazzi ci prendono e portano per mano verso orbite e galassie lontane. Già dalla seconda traccia “Daddy Spaceship” l’atmosfera generale tende a virare su toni fieri di rivalsa speranzosa, per poi ritornare di colpo ad atmosfere cupe e sinistre i “Pas de bol pour peter” (“Nessuna fortuna per Peter”, n.d.r.). Il duo francese gioca di continuo su questa contrapposizione, come sulla doppia anima musicale del gruppo che è sia di matrice krautrock/psych rock che stoneriana. Sono presenti nel disco numerosi effetti di soundscaping che strizzano l’occhio a soundtrack di film di fantascienza distopici, dove le persone, in un mondo dal clima atipico e desolante, tendono a lottare per la propria sopravvivenza. Il viaggio sonoro e le influenze dei ragazzi partono lontane, dai, neanche a dirlo, mostri sacri Pink Floyd fino ad arrivare ai più moderni (e altrettanto sacri) Explosions in The Sky e Arcade Fire. Desumendo in questo modo uno stretto rapporto umano e musicale tra i due ragazzi, è importante menzionare la perfetta e godibilissima sinergia tra batteria e basso: la prima serve sapientemente ogni pezzo; il secondo si serve di linee costanti, scolpite e corpose che, dopo numerosi viaggi cosmonautici, sono capaci di riportare l’ascoltatore a terra, concedendogli l’opportunità di ancorarsi ben saldamente al suolo. Il disco si chiude con la title-track: le atmosfere sono celestiali e decisamente epiche, la band vuole forse suggerirci che la speranza può trionfare sul buio della notte.
Veniamo ai punti deboli del disco, secondo il mio modesto parere: dal momento che la band ha scelto di intraprendere la coraggiosa scelta di non servirsi di brani cantati, ho trovato poche variazioni di tema tra un pezzo e l’altro e dall’album precedente, oltre alla reiterata scelta di tenere tutti i brani su un minutaggio mai minore ai 7 minuti. C’è comunque una notevole e più che solida produzione professionale alle spalle, i suoni emergono puliti, potenti e cristallini e spicca sapiente anche il gusto stilistico e musicale dei due ragazzi, che li ha portati a comporre un lavoro di indubbia eleganza.
(Foudrage, Araki Records, Up In Her Room, 2024)
1. Il va faire tout blanc
2. Daddy’s Spaceship
3. Pas de Bol pour Peter
4. Captain Captain
5. Puis vient la nuit