Sono sette anni che questo supergruppo calca le scene internazionali a colpi di ottimi dischi, rappresentando benissimo un suono in cui l’hardcore si è pressoché fuso riscoprendo il metal e quel pizzico di gusto black metal e crust che non sta tanto nella musica ma negli artwork, nei testi e nell’immaginario che accompagna ormai questa ‘’etichetta’’ che è diventato questo fantomatico blackened. Il termine supergruppo non è usato a caso: nella band militano grossi pezzi da novanta nei All Pigs Must Die come Ben Koller dei Converge e Brian Vincent Izzi, chitarrista dei Trap Them appena entrato in formazione per questo Hostage Animal.
Il terzo full storicamente è sempre un momento di svolta, non per forza positivo, per quanto riguarda il percorso di una band soprattutto di stampo internazionale: la freschezza degli inizi è finita, cadere nella ripetizione o nello stravolgimento catastrofico totale è molto semplice, le pressioni aumentano. Appena usciti in anteprima i primi due singoli, “A Caustic Vision” e “Blood Wet Teeth” ho subito pensato molto male, la pappa non era cambiata minimamente e in più sembravano dei compitini fatti a casa dal classico studente bravo ma che non si applica. Qui non stiamo parlando di novellini, qui si parla di professionisti della musica estrema, alcuni di loro girano da più di venti anni in questo ambiente ed essere una ‘’vecchia volpe’’ aiuta sicuramente molto, ma questi due pezzi sembravano essere composti più da furbi che da musicisti di spessore e queste cose, lo ammetto, mi fanno rimanere male. Fortunatamente i brani in questione sono i due pezzi più brutti di Hostage Animal. Il disco si apre con il pezzo che gli dà nome, con un furioso blast beat ci assale fin da subito non ci sono attimi di respiro, il suono è opprimente e violente cavalcate hardcore non danno spazio alla melodia, bisogna aspettare fino a Slave Morality per rallentare un po’ le cose e goderci quel lato più espressivo e dilatato degli All Pigs Must Die. Lato che viene espresso molto bene, con canzoni che ci fanno venire alla mente desolati paesaggi post-apocalittici come in “End Without End”, con un arpeggio molto retrò quasi anni ottanta che va a chiudere il pezzo (situazione molto simile anche in “Heathen Reign”). I Nostri non hanno cambiato passo, sia a livello di suono che compositivo non ci sono stati radicali cambiamenti nonostante l’aggiunta di un’altra chitarra. Hostage Animal è un album più preciso e concreto degli altri, ci sono pezzi che svolgono il loro lavoro di annichilire l’ascoltatore con una violenza musicale immane e pezzi in cui è più importante basarsi su atmosfere e aperture melodiche con uno stacco ben più netto che in passato.
L’alone di freschezza che accompagnava questi ragazzoni di Boston un po’ se ne è andato, ma lungi da me dire che se la sono cavata male, questo disco è un tritacarne. E’ potentissimo e suonato e composto in maniera più che abile, anche se rapportarlo a God Is War o a Nothing Violates This Nature non fa che peggiorare le cose. Purtroppo perde attrito con le sue idee un po’ più statiche in cui le canzoni o suonano imperturbabilmente veloci e estreme o sono più lunghe, lente e ricche di elementi. Quando i nomi coinvolti sono grossi ti aspetti sempre qualcosa di grosso, quando poi le tue aspettative sono sempre state appagate è facile far cadere uno standard che si è mantenuto sempre alto. Questo è quel che succede con Hostage Animal, un buonissimo lavoro, fatto da gente che può realizzarne uno ottimo. Forse dovevano prendersi un po’ più di tempo.
(Southern Lord Recordings, 2017)
1. Hostage Animal
2. A Caustic Vision
3. Meditation of Violence
4. Slave Morality
5. End Without End
6. Blood Wet Teeth
7. Moral Purge
8. Cruelty Incarnate
9. The Whip
10. Heathen Reign