Spietati e alienanti, sono tornati gli Artificial Brain. Con i primi due album la band statunitense ha avuto una crescita esponenziale, merito di un sound particolarmente ricco che ci ha messo poco per spiccare nell’affollato panorama progressive death metal. Il terzo capitolo della loro carriera arriva a cinque anni di distanza dal precedente Infrared Horizon ed è quanto più completo e mastodontico ci si potesse aspettare, facendo apparire adeguato anche il titolo omonimo che lo presenta, vista l’espressione massima di quelli che sono gli Artificial Brain.
Questo disco prende quanto pubblicato in passato e lo rende ulteriormente cristallino, non variando nemmeno le tematiche sci-fi che ormai sono un loro tratto caratteristico. I temi trattati da Will Smith (che per l’ultima volta si potrà sentire in un loro lavoro vista la sua uscita dalla formazione) guardano con sguardo retrospettivo i precedenti lavori, sviluppando da lì riflessioni su tematiche quali isolamento, follia e l’intransigenza della natura. Il legame col passato c’è anche, e soprattutto, dal punto di vista musicale, con la continua evoluzione dei Nostri che di prigionieri non ne fa alcuni. Come di consueto, gli strumenti rimangono in un perpetuo dialogo tra di loro, tra contrappunti e continue mutazioni che non fanno mai calare l’interesse. Quella degli statunitensi è una lezione su come arricchire il fascino delle atmosfere dei pezzi grazie a composizioni tecniche e impervie, compito ambito da molte band che però non sempre riescono a rendere lineare l’ascolto cercando queste caratteristiche. I dieci brani si tingono di riferimenti a molti stili che hanno contribuito a scrivere la storia delle incursioni progressive nel metal estremo, tra momenti più dissonanti e angusti e altri passaggi ipnotici, con anche qualche vago sprazzo black metal che si fa sentire. Con questa varietà caleidoscopica gli Artificial Brain si son costruiti la loro identità, sfruttando in questo album omonimo tutto il suo potenziale. A dare ulteriore valore a un disco già molto valido di suo, si inseriscono bene in vari pezzi collaborazioni con musicisti di tutto rispetto, che ben legano la loro personalità con quella della band. Su tutte spicca l’assolo di waar guitar realizzato da Colin Marston in “A Lofty Grave”, che dona sensazioni ulteriormente alienanti al brano. Le altre collaborazioni, invece, son tutte realizzate dietro al microfono, e i nomi dei cantanti chiamati in causa parlando da sé: Luc Lemay, Mike Browning e Paulo Paguntalan. Sempre parlando di parti vocali non si può che apprezzare lo stile ormai rappresentativo di Will Smith, che ha onorato al meglio la sua ultima fatica con la formazione da Long Island. Il carattere delle vocals si congiunge con quello ben definito di tutte le strumentali ottenendo un risultato con pochi eguali.
Non c’è molto da aggiungere su questo lavoro, le capacità dei musicisti che l’hanno realizzato parlano da sé. Tra brani più articolati, tendenzialmente posizionati nella seconda metà, e altri più diretti, i Nostri mantengono costante l’attenzione, considerando anche che a ogni ascolto i brani paiono rinnovarsi, senza mai tediare, vista la mole di informazioni al loro interno. Anche a questo giro la Profound Lore Records non delude le aspettative e gli Artificial Brain ormai si possono ritenere nell’olimpo del progressive death metal.
(Profound Lore Records, 2022)
1. Artificial Brain
2. Glitch Cannon
3. Celestial Cyst
4. A Lofty Grave
5. Tome Of The Exiled Engineer
6. Embalmed With Magma
7. Parasite Signal
8. Cryogenic Dreamworld
9. Insects And Android Eyes
10. The Last Words Of The Wobbling Sun