Assodato quanto il doom metal, ad oggi, goda di buona salute, dimostrata quantomeno in termini sia di qualità che di quantità della proposta, è doveroso esaminare anche la forma assunta da tale panorama, scoprendo come e quanto essa sia mutata dai suoi albori ad oggi, in più di trent’anni di iterazione. Il caso del doom metal dunque asserisce quanto tali qualità e quantità in crescita esponenziale siano andate di pari passo con una deriva ed una diramazione in direzioni sorprendenti di tale ambito musicale, oltre che dal fronte artistico anche per quanto riguarda l’apertura ad espressioni e modi che difficilmente si sarebbero potuti ipotizzare trent’anni fa. Dunque quali sono i risultati più emblematici di tale metamorfosi artistica in opera nel doom metal?
Sicuramente Throes, ultimo full length degli Aseethe, rientra a pieno titolo nella categoria dei prodotti musicali emblematici riguardo la suddetta istanza, confermando quanto gli States siano un territorio fertile per il suddetto panorama, annoverando dunque, dal 2007, il power trio dell’Iowa tra le sue già folte fila. Questo più recente lavoro della band è uscito il 17 maggio 2019 tramite Thrill Jockey Records, accogliendo il disco in un roster di nomi di assoluta rilevanza nel contesto del doom moderno come Sumac e The Body, ritagliando, già solo in questo trittico, uno spazio peculiare e d’eccellenza nel panorama doom/sludge metal, in cui l’innovazione e l’espansione espressiva risultano essere ai massimi livelli. A valorizzare impeccabilmente il contenuto e la forma di Throes vi è la produzione di livello world-class avvenuta negli studios di Chicago dell’Electrical Audio ad opera di Shane Hochstetler, che con maestria artigianale ha incapsulato fedelmente non solo il sound della band ma anche una peculiare energia, trasducendo il suono in materia viva, plasmandola in modo da rappresentare e valorizzare la proposta della band, che in questa istanza specifica risulta essere tanto preziosa quanto delicata da maneggiare. Throes è un album esemplare anche dal punto di vista di avanzamento artistico di una band, che nel caso degli Aseethe, fa un passo in avanti sostanziale, seppur provenendo dall’ottimo precedente full length Hopes of Failure (2017), disco accolto con calore da pubblico e critica, in cui la maturità e la consapevolezza della band era già stata affermata da tempo, ma che in Throes trova ulteriormente modo di superarsi e rinnovarsi senza però snaturare la ragion d’essere del power trio dello Iowa. Con Throes la band si è saputa rinnovare anche nelle tematiche, per certi versi diametralmente opposte al precedente, incentrato sulla disillusione e l’assenza di speranza. Throes di contro scatena una furia primordiale ma estremamente cosciente ed attenta riguardo una realtà odierna profondamente segnata dal capitalismo sfrenato e dalle sue ripercussioni devastanti negli ambiti sia politici che ambientali. Prendendo dunque coscienza di quanto il doom/sludge sia un mezzo adeguato ad esprimere pienamente uno stato di inesorabile sofferenza esistenziale e pathos, Brian Barr si pronuncia chiaramente sul come il contenuto di quest’ultima opera della band sia volto a portare l’ascoltatore attraverso un percorso che culmini nell’interiorizzazione di quanto l’umanità stia attraversando un periodo della sua esistenza tanto cruciale quanto drammatico, segnato in particolar modo dai drastici stravolgimenti climatici causati dal modello iper-consumistico esportato dagli Stati Uniti. È difatti la parola dello stesso Barr quella che afferma che se c’è qualcosa che può portare l’umanità alla fine dei tempi è quanto sopracitato, trattandosi quindi di una spada di Damocle che pende sulla testa degli uomini già da (troppo) tempo e che mostra la fine proprio sull’uscio di casa. Tale tematica dell’apocalisse moderna è riportata 1:1 nel rapporto tra testi e musica, le prime dalla penna del bassista cantante Noah Koester, la seconda curata principalmente da Brian Barr, chitarra e voce della band. L’espressione prettamente musicale/sonora è qui caratterizzata più che mai da un approccio minimale, viscerale e costituita da sezioni di doom dissonante (e non) che opprimono l’ascoltatore sotto una massa materica di suono granitico, sprofondando, spesso, fino ad abissi imperscrutabili di drone risonante dall’interno della coscienza umana. L’album si apre con una title track che non prevede preamboli o introduzioni di alcun tipo, scaraventando in faccia una severa quanto risoluta visione della realtà, sottolinenando fin da subito quanto si abbia a che fare con un opera di magnificente pseudo minimalismo, assolutamente attuale, concreto ed efficace. Una tra le caratteristiche degne di nota che caratterizzano tutto Throes è l’interazione duale tra le vocals di Brian e quelle di Noah, esibendo ora degli appelli-risposta, ora intere sezioni di growl baritonale, ispirato e personale, dando spazio anche alla voce urlata sull’alto registro di ispirazione post-hardcore. Difatti la commistione tra generi, non solo presenta gli Aseethe come esempio da manuale di come una band al giorno d’oggi possa trattare appropriatamente la propria espressività artistica, attingendo dai migliori stilemi di svariati generi musicali, ma proprio in questa miscela trova la sua identità peculiare, che rimane svincolata dallo stretto senso del genere e sotto genere musicale, concetto che ad oggi vede le proprie linee di demarcazione divenire sempre più labili ed insignificanti, aprendo quindi la possibilità a commistioni tanto efficaci quanto innovative, nonché impensabili fino ad almeno una ventina di anni or sono. L’altissimo livello compositivo è una presenza costante per tutti i 39 minuti del disco, durante i quali l’attenzione all’ascolto non può che rimanere costante, sia durante il riffing più monolitico, sia durante gli ipnotici passaggi clean e/o melodici come nell’intro di “No Realm” o di “To Victory”. Quello messo in piedi dagli Aseethe è un tempio del doom moderno e della contaminazione artistica al servizio della creatività, dell’espressione pura e svincolata da canoni. L’assoluta contemporaneità di quanto proposto dal power trio dello Iowa risiede anche nelle componenti tessiturali, specialmente identificabili nelle sezioni di droning, nonché nella discorsività esibita dalla binomio basso/chitarra, che non subordina l’uno all’altra, bensì svolgendo una funzione di supporto vicendevole continuo ed intercambiabile tra i due strumenti, risultando poi in suggestioni evocative, appassionate e talvolta alle soglie del sound landscape, inducendo ad uno stato di pseudo trance, generato anche grazie ad elementi di finissimo sound design come i loop di feedback ed i crescendo di piatti in lontananza che riempiono e caratterizzano lo spazio sonico (“To Victory”), o durante la torreggiante sezione strumentale di “Suffucating Burden”, brano più noise dell’album, che si avvale di elementi come il droning di chitarre pesantemente processate e svincolate dalla loro funzione canonica melodica e delle risonanze amplificate di un gong. A completare l’alchimia proposta dalla band vi è il drumming di Eric Diercks, che seppur fornendo un supporto ritmico solido e presente riesce a mutare radicalmente nell’espressione in base al contesto in cui si inserisce, aggiungendo un layer espressivo importante, svincolando, ancora una volta, il ruolo puramente ritmico convenzionale associato alla batteria, ora travolgendo l’ascoltatore con intensi pattern alla soglia del minimalismo, ora dando voce allo strumento con del fortissimo pathos che esula dal concetto esclusivamente ritmico, talvolta superandolo fino a rientrare nel panorama puramente sonico. La qualità della composizione, dell’esecuzione e della produzione dunque rendono Throes, in tutte le sue parti, un full length che presenta degli elementi che sarebbero potuti essere di ascolto estremamente difficile se non fossero stati accompagnati dai suddetti meriti artistici e tecnici, rendendo quindi il disco di assimilazione impegnativa tanto quanto basta. Influente in tale ambito vi è sicuramente l’esperienza di Brian Barr nell’ambito della composizione di colonne sonore, dimostrando una peculiare abilità che risulta presente durante tutto l’ascolto e che trova la propria applicazione pratica a supporto dei passaggi, della composizione e del riff writing.
La disamina di Throes corrisponde con lo scrutare nelle ragioni più significative del doom, che al momento non solo conferma la sua forma smagliante ma, in casi come il suddetto full length degli Aseethe, trova la forza motrice per divincolarsi dagli stessi canoni dei generi, varcando la già labile soglia di demarcazione che oggi li divide, dunque infierendo un duro colpo a tali confini, risultando in un opera di fine commistione stilistica, contenutistica e formale che prende attivamente parte al moderno e più che legittimato desiderio di contaminazione e sperimentazione di nuove forme espressive, mostrando comunque ampiamente le sue fondamenta doom metal, sulle quali si erige un monumento a quella che oggi è un avanguardia musicale che promette di polverizzare le obsolete barriere musicali che ha già fatto crollare. Traccia preferita: “No Realm”.
(Thrill Jokey Records, 2019)
1. Throes
2. To Victory
3. Suffucating Burden
4. No Realm
5. Our Worth Is the New Measure