Seguendo il fil rouge di un’alleanza inesorabile, lo split Atavisma / Void Rot vede la congiunzione di due realtà tanto recenti quanto già notevoli, che propongono una commistione di death e doom metal autentica e di stampo coerentemente moderno, anche stando a gli anni di attività delle due band coinvolte nel lavoro. Quest’ultimo è stato rilasciato il 7 Febbraio del corrente anno per Everlasting Spew Records che, inserendo il suddetto opus nel proprio catalogo, fa attestare la label italiana tra i nomi di riferimento del panorama death metal (e sue diramazioni) su scala internazionale, rinnovando qui peraltro la collaborazione con gli americani Void Rot – che hanno rilasciato il proprio precedente EP Consumed by Oblivion (2018) in formato CD tramite la suddetta label.
Lo split Atavisma – Void Rot si fregia dunque dell’impeto e dello zelo di due band più o meno recenti, che hanno dato il via alle ostilità nel 2017 per Void Rot e nel 2013 per Atavisma. Quest’ultimi hanno però rilasciato il proprio precedente primo full length – The Chthonic Ritual – solo nel 2018. Nonostante quanto appena asserito, le due formazioni esibiscono una maturità tangibile, che si riscontra tanto un virtù di un songwriting ben arrangiato ed agile quanto per via di una elevata qualità complessiva degli elementi costituenti lo split. In esso si riscontrano riferimenti che ora puntano alla tradizione death-doom metal, talvolta anche seminale, ora ai più fulgidi esempi contemporanei del genere. In particolar modo, in entrambe le sezioni del disco, si evince quanto le band abbiano attinto a piene mani dalla lezione di colossi quali Winter, Incantation e Disma, dal panorama oltreoceano, e da Rippikoulu e Grave dalla scena scandinava. Hanno così reinterpretato brillantemente le atmosfere ora lugubri, ora asfissianti, tratte da entrambi i sopracitati bacini di inesauribile ispirazione, riuscendo dunque non solo a presentare invenzione musicale autentica, ma perfino a far convivere entrambe le sopracitate suggestioni con un gusto moderno, che vede le sue migliori istanze, al momento, in realtà quali Spectral Voice, Malthusian e Krypts.
La prima sezione dello split è affidata ai più esperti (per quanto recenti) Atavisma, che, fin dall’opening track “Speared Lungs” dichiarano quanto il disco in questione presenti un interpretazione brillante del death-doom metal. Lo split dunque viene introdotto con un piacevole contropiede, presentando dai primi istanti sia un breve intro dalle atmosfere lugubri e marcescenti ed esponendo una sezione inaspettatamente swingata ed intelligentemente dissonante, agganciata successivamente al resto del brano. Quest’ultimo non esita ad esporre i migliori stilemi del genere, quali un riffing spietato e frenetico e delle vocals gutturali, cavernose e giustamente riverberate, che sembrano provenire da un antro dimenticato e colmo di orrori. Al riffing di chitarra, ora impietoso e selvaggio, ora marziale e severo di G., si accostano i movimenti del basso di J.B. che, come dimostrato fin da inizio disco, sanno sia fornire delle solide fondamenta ai brani, sia sviluppare un discorso melodico non indifferente, dando luogo a delle linee a se stanti di notevole fattura tra accordi e (moderato) tapping. Queste ultime rimandano ad un tipo di death metal più tecnico, qui però trasposto secondo i dettami del death-doom metal, risultando dunque non solo pertinente ma riuscendo ad aggiungere un layer di qualità ulteriore ai 15:19 minuti del disco dedicati agli Atavisma. Qui questi ultimi propongono una commistione del grande death metal del passato (come anche dimostrato dal tradizionale suono chainsaw della chitarra), che punta particolarmente alla scena newyorkese (resa celebre dai band come Mortician, Suffucation ed Incantation, per citarne alcune). Tale commistione saprà entusiasmare l’ascoltatore navigato, ed intrigarlo con il suo predominante aspetto catacombale, che, giustamente, puzza di putrefazione ma non di vecchio, dispiegando una brillante interpretazione del genere.
Approdando nella seconda metà del disco, quella dedicata a gli americani Void Rot, il livello non accenna ad abbassarsi. Anche qui la soglia d’attenzione dell’ascoltatore rimane decisamente alta grazie alla qualità complessiva dei tre brani, esposti in 16:04 minuti, che dispiegano un riffwriting ed una composizione di prim’ordine. Essa risulta qui orientata verso un tipo di death-doom metal più primitivo (maggiormente caratterizzato dai così detti “caveman riff”), che si può far risalire immediatamente ai dettami odierni del genere (specialmente pensando a gli Spectral Voice ed ai Malthusian), sottolineati da riff punitivi su cui si stagliano nefaste le gelide frasi delle chitarre di Kent Sklarow e di John Hancock. Tale arrangiamento chitarristico costituisce la vera e propria struttura portante dei brani, che risultano spogli di qualsivoglia orpello. Viene preferita difatti un’espressione viscerale e che brutalizza qualsivoglia possibilità di ulteriori ipotetici sviluppi armonico/compositivi, che non lascia spazio ai dubbi riguardo gli intenti della band. Sebbene le tre tracce propongano ciclicamente la stessa formula, questa proviene da un alchimia già ben realizzata (nonostante la band sia solo alla seconda release ed al quarto anno di attività), dimostrando quindi quanto il quartetto del Minnesota abbia appreso realmente quanto già precedentemente esposto dal genere, accostandosi dunque con questo split alla soglia della piena maturità artistica. Una nota di merito va anche alle vocals di Craig Clemons, qui rappresentano un layer di qualità ulteriore, performando vocals gutturali di indiscutibile spessore sia tecnico che espressivo. Ciò riporta alla memoria perfino la vocalità espressa in un funeral doom metal come quello degli Esoteric, limitandone i movimenti ma non per questo abbassandone il livello.
Tirando le somme, allo split Atavisma – Void Rot bisogna attribuire diversi meriti, tra cui quello di esplicare un death-doom metal che gode della giustapposizione dell’aspetto strettamente legato al genere, esibente gli stilemi che entusiasmano l’appassionato del suddetto frangente musicale, unito ad un gusto moderno. Tale aspetto si riscontra anche in un certo minimalismo e nella cura di una produzione di ottimo livello sonico, che rende l’ascolto dettagliato e godibile, non tralasciando neanche un truculento particolare, esplicato dalla collaborazione intercontinentale di due realtà recenti. Queste ultime, nonostante l’esigua discografia alle spalle, esibiscono nello split in questione tutti gli elementi che presuppongono delle prossime release in cui si potrebbe riscontrare, verosimilmente, la piena maturità. Le formazioni difatti mostrano di aver appreso dalle grandi lezioni del passato, facendole proprie ed assimilandole. E ciò è stato fatto con una così profonda comprensione da potersi permettere di rielaborarle in maniera autentica e brillante nella cornice di un contesto contemporaneo in cui, il suddetto split, rappresenta una tangibile testimonianza di buona salute e di impetuosa creatività.
(Everlasting Spew Records, 2020)
1. Speared Lungs
2. Mold Upheaval
3. Dread
4. Ritual Invocation
5. Necrotic Deity
6. Accursed Earth