A quattro anni, due singoli, due EP e qualche cambio di formazione di distanza dal 2016, anno di fondazione del progetto, vede la luce Ellipsism, primo full length degli inglesi Ba’al. La band si presenta con nove pezzi molto densi, che in poco più di un’ora di playing presentano le numerose sfaccettature della propria musica. Ciò che rimane costante per tutta la durata di questo lavoro è l’atmosfera regnata dalla mestizia, talvolta più nostalgica, in altri contesti struggente. Non a caso “ellipsism” si traduce con “ellissismo”, una forma di tristezza legata all’impossibilità di poter vedere come si evolveranno determinate cose in futuro, visto il tempo limitato della nostra vita. L’ascolto ruota attorno a questa forte amarezza, che ci si può scrollare di dosso soltanto accettando la propria mortalità e cercando di apprezzare il presente, senza l’ossessione costante del futuro.
Fin da subito l’atmosfera non è delle più rassicuranti, l’opener “Long Live” è un pezzo fortemente malinconico, regnato da un trascinante black metal in stile Wolves in the Throne Room che, specialmente nella seconda metà, inizia a mostrare anche gli elementi post e sludge che in altri brani domineranno la scena. L’impatto è immediato, e tutto scompare, anche le poche certezze che ci accompagnavano, così come prima o poi succederà. La fine arriverà per chiunque, pur non pensandoci, nel subconscio ne siamo perfettamente consapevoli, e non è facile da assimilare questo pensiero, si tende a rimandarlo continuamente, non affrontando la realtà. Di questo clima incerto e precario l’album è un’ottima colonna sonora con la sua perenne oscurità, che colpisce fin da subito vista anche la possente produzione, dietro cui si celano gli esperti Joe Clayton e Brad Boatright. Altro aspetto chiave è la coesione tra i pezzi, che scorrono linearmente, dando importanza anche a intermezzi come “XIV – I – MMXIX”, l’ingannevole pace tra due brani che colpiscono con forza e precisione. Anche il secondo intermezzo del disco, “III – II – MMIII”, si lega al meglio alle atmosfere, e quella vaga pace apparente, appena citata, inizia ad assumere un sapore amaro, come se raffigurasse l’ardua presa di coscienza del concept dell’album. Nel mentre, i pezzi presenti nella parte centrale dell’album abbracciano totalmente il lato sludge della proposta, con riff cadenzati e pesanti. L’ascolto si divide in tre parti: i primi pezzi più oscuri, i successivi, appunto, più aggressivi e sfacciati, mentre la conclusione assume delle connotazioni più decadenti e malinconiche, con la conclusiva “Rosalia” che ci accompagna verso il finale con la sua travolgente carica emotiva; senza dubbio una delle punte di diamante del disco.
L’impatto con Ellipsism è subito positivo, cattura l’attenzione già dai primi minuti e successivamente si dimostra capace di scorrere senza incertezze per tutta la sua durata. La cosciente mediazione tra le influenze che stanno alla base di questo album aiuta molto alla resa generale, con i pezzi che risultano eterogenei tra di loro, ma mai sconnessi né troppo derivativi. Dopo due EP che non hanno lasciato particolarmente il segno, pur contenendo qualche spunto degno di nota, la formazione inglese ha fatto un notevole passo in avanti rilasciando un disco che va oltre a una semplice dimostrazione di un buon potenziale, essendo già un lavoro di livello. Le affinità con i vari Fen, Entropia e Regarde les Hommes Tomber potrebbero fare al caso di diversi ascoltatori.
(Clobber Records, 2020)
1. Long Live
2. An Orchestra of Flies
3. XIV – I – MMXIX
4. Jouska
5. III – II – MMIII
6. Tarred and Feathered
7. Father, The Sea, The Moon
8. X – I – MCMXCII
9. Rosalia