Arrivato al secondo album di un percorso discografico cominciato solo nel 2018, il trio americano Bible Black Tyrant esegue i suoi primi passi con cautela e buon giudizio, con un percorso di crescita da manuale. Dopo aver debuttato con piena cognizione di causa con il full length Regret Beyond Death (2018, ANIMA Recordings), questo nuovo Encased in Iron, uscito il 28 Febbraio dell’anno corrente tramite Argonauta Records, rinnova la maturità già esposta nell’esordio. D’altro canto, nonostante la band sia di recente formazione, i membri coinvolti hanno alle spalle una certa esperienza in ambito sludge/doom metal, uno su tutti l’instancabile compositore e polistrumentista dell’Oregon Aaron Edge, che vanta una discografia pregressa notevolissima, sviluppata con in band/progetti altrettanto notevoli come i suoi Lumbar (qui la nostra recensione) e Ramprasad, nonché con passate presenze in band quali Iamthethorn e Brothers of the Sonic Cloth, citando solo alcuni dei nomi presenti nell’abbondante curriculum artistico del musicista.
Questo secondo opus a nome Bible Black Tyrant, dunque, viene presentato come un breve full length dalla (relativamente) esigua durata di 25:50 minuti, distribuita su cinque brani. Comunque il format viene vidimato non tanto dalla durata e dal numero di brani (per cui il criterio di catalogazione ha sovente un’interpretazione soggettiva), ma nel proprio status di “opera completa”, sia per l’abbondante quantità di contenuti esposti, sia per la loro qualità. Dunque, in un ossimoro, Encased in Iron si sviluppa con i tempi dilatati del doom, ma lo fa concentrando il proprio messaggio in maniera concisa, spogliandosi di qualsiasi fronzolo e non esasperando la volontaria ridondanza tipica del genere. Ancora una volta, quando si parla di testimonianze musicali davvero ispirate e di alto livello artistico, confinare un disco come Encased in Iron in una catalogazione di genere ben precisa sarebbe quantomeno riduttivo, per chiarezza ed immediatezza di comunicazione però la definizione più appropriata, in questo caso specifico, è quella di noise doom/sludge, genere che oscilla tra i due poli della totale mancanza di idee e l’intuizione geniale. L’album in questione risiede indubbiamente in quest’ultima area rigogliosa, oltrepassando le limitazioni del genere e dandogli ossigeno.
Lo si percepisce sin dai primi minuti della prima traccia “A Snowflake of Death’s Denial”, i cui cardini del proprio sistema sono i riff, immediatamente spiattellati in faccia all’ascoltatore, supportati da una sezione ritmica d’eccellenza, pertinente e solida, i cui pattern di batteria di Tyler Smith (in forze anche negli Eagle Twin) rispecchiano i canoni del doom, risultando lineare quanto basta ma anche attento all’espressione e all’interplay con gli altri strumenti. Il songwriting è di carattere narrativo, quasi uno storytelling che, come in diverse precedenti release in cui è coinvolto Aaron Edge, si avvicina ad un vero e proprio concept album, la cui espressione amara presenta la tortura in cui consiste la vita, e lo fa in maniera cruenta, dove l’asfissia di un’esistenza rinchiusa in un’impenetrabile gabbia di ferro viene sublimata con l’urlo di liberazione e di disillusione. Tali tematiche non sono trattate con frivolezza, e si fanno forti di una ragione dettata da una crudeltà che può essere, possibilmente, ricondotta alla sfera personale della mastermind della band Aaron Edge che da anni convive e combatte con una sindrome incurabile, il cui oblio viene sublimato dalla volontà artistica del suddetto, rendendo i fruitori della sua arte parzialmente partecipi di un percorso esistenziale più complesso rispetto a chi non vive la sua particolare condizione. Tale caratteristica non deve essere ridotta ad un retroscena, ma vuole essere tenuta ben presente durante la fruizione. Il disco scorre con le basi di un riffwriting annichilente, spietato e senza compromessi, che viene alternato sapientemente a momenti più distesi e riflessivi, presentati con la dualità di una brillantezza generata dalle idee e da un’opacità data dalla forma con cui vengono espresse, stanziando una coltre di nebbia fittissima nell’oscurità che si sviluppa per tutta la durata del disco che presenta un aspetto compositivo notevole, sviluppato con maestria e cognizione di causa, risultando in un’espressione originale ed imprevedibile, come, ad esempio, nell’inserimento di un pianoforte tetro e dissonante che rantola frasi concise in brevi segmenti della seconda traccia “Valourous”.
Analizzando più nel dettaglio gli stilemi coinvolti in Encased in Iron quindi, specialmente nella penultima traccia “Infinite Stage of Grieg” e nella traccia di chiusura “Sickening Thrum”, si può constatare quanto in esso convivano sudge e noise in un’interazione sublime, che vede riff opprimenti sostenere dissonanze isteriche, linee di basso spregiudicatamente violente alternarsi a sezioni di grande escursione dinamica.Le vocals sono strazianti, liberatorie e dalla grande carica emotiva. Queste caratteristiche vengono magnificate da un comparto tecnico di altissimo livello, sviluppato, dallo stesso Aaron Edge tra il Myelin Studio e The Boar’s Nest, che successivamente affida la creatura al mix ed al mastering di Eric Leavell dell’Husk Recording. I suoni di partenza sono così saldi sulle proprie ragioni da essere evidentemente frutto di menti creative che conoscono a dovere il contesto in cui vanno a sviluppare la propria testimonianza musicale, e tra tutti, in particolar modo, va un encomio al suono di basso esemplare per timbrica e sfrontatezza che, come per la chitarra, fa quasi sentire l’odore pungente della polvere bruciata dalle valvole incandescenti di amplificatori che non accettano compromessi.
In ultima analisi Encased in Iron rappresenta uno sviluppo importante per il trio americano, che comunque non fa volutamente il passo più lungo della gamba, anche grazie all’esperienza notevolissima dei membri coinvolti. Nonostante la sua morigeratezza quest’ultimo full length dei Bible Black Tyrant si fa forte di tutti gli elementi che è possibile mescere nell’alchimia del proprio, autentico, noise/doom sludge metal che impartisce una lezione ben dettagliata di come, nel 2020, tale tipo di espressione è opportuno che venga trattata al fine di risultare valida ed appetibile pure alle orecchie degli ascoltatori i quali sono stati sottoposti a determinate modalità espressive ad nauseam. Il punto fondamentale qui esposto è quindi l’autenticità e la fedeltà della propria espressione personale, che fa risultare dunque Encased in Iron un istanza attuale e che non mente, soprattutto a se stessa.
(Argonauta Records, 2020)
1. A Snowflake of Death’s Denial
2. Valarous
3. Panic Inducer
4. Infinite Stages of Grief
5. Iron Sickening Thrum