Il quarto album dei Black Mountain si intitola semplicemente IV ed esce per la Jagjaguwar, importante indie label che ha in sostanza pubblicato l’intera discografia del quartetto canadese. Con questa nuova opera la band si distanzia dai suoni zeppeliani dei primi dischi, i riferimenti al rock 70’s sono decisamente meno accentuati e l’uso più massiccio di elettronica sposta il baricentro verso un indie rock/pop dal grande equilibrio e dalle atmosfere più morbide.
“Mother Of The Sun” è l’overture perfetta per un disco che, come vedremo, si presenta complesso ma facilmente assimilabile: tutto parte con un suono elettronico che si ripete come un segnale radar, poi le calde voci Stephen McBean e Amber Webber intonano una sorta di preghiera, un’armonia che viene sconvolta dall’arrivo di chitarre stoner che piombano come elicotteri in assetto da guerra. Una partenza eclettica dagli otto minuti di durata, ricca di atmosfera; in seguito il disco si apre verso le altre tracce, dai generi spesso diametralmente opposti ma trattati con sacralità e tanto gusto.
Iniziamo segnalando l’hard blues di “Florian Saucer Attack” e “Constellations”, che con i loro riff classic rock, i ritmi sostenuti e le tastiere psichedeliche appaiono come le tracce più dirette, coinvolgenti e facilmente digeribili. L’elettronica, dicevamo, è parte fondamentale di questo nuovo full-length: la troviamo ben sfruttata anche in ballate come “Line Them All Up”, che sembra voler unire atmosfere morriconiane all’indie folk degli Arcade Fire. Con la stessa ecletticità la band strizza l’occhio al Bowie di “Ashes to Ashes” nel brano “Cemetery Breeding”, decisamente il più pop della tracklist, e dona un’aria sognante al pezzo “You Can Dream”.
Il finale invece è pura space opera: lo psych rock emerge nel brano “(Over And Over ) The Chain “ e il tutto si conclude con un vero e proprio tributo alla musica dei Pink Floyd, con tanto di assoli alla Gilmour, nella traccia conclusiva “”Space to Bakersfield”.
I Black Mountain sono un gruppo affermato da anni, con un buon seguito di pubblico. La loro bravura gli permette di allontanarsi dal loro genere per cercare approcci inediti; quest’album, per quanto sia il più pop della loro discografia, risulta comunque essere il più ricercato e per qualità intrinseca più riuscito del suo predecessore Wilderness Heart, quindi da considerare a tutti gli effetti un altro passo in avanti nella loro bellissima carriera.
(Jagjaguwar, 2016)
01 Mother of the Sun
02 Florian Saucer Attack
03 Defector
04 You Can Dream
05 Constellations
06 Line Them All Up
07 Cemetery Breeding
08 (Over and Over) The Chain
09 Crucify Me
10 Space to Bakersfield