Dopo tre anni dal debutto di As The World Rots Away, il poliedrico Bernocchi torna a farsi sentire nelle veci del suo progetto Blackwood, esperimento sonoro dedito ai confini più tetri del dub imbastardito tra manipolazioni sonore digitali e analogiche e con un substrato di esplicito tentativo pseudo occultistico e ritualistico. Dopotutto, pensando alla carriera di uno dei musicisti italiani più degni di nota, sia per la carriera fine a sé stessa che per la varietà stilistica dei suoi progetti, con un occhio di riguardo per i leggendari Sigillum S, l’occulto è sempre stato di casa nella mente dell’italiano.
Se col primo opus di questo progetto l’attenzione era tutta rivolta a droni, bassi asfissianti e leit motiv funerei con sample di esorcismi e quanto altro, Of Flies, seppur con la sua esigua durata, si presenta già in veste di portatore di mezze novità. “Of Flies” infatti ha l’onere di presentare la grossa novità del lotto, ovvero la presenza di voci umane non come sample, ma fisicamente registrate da persone in carne ed ossa, con il marcescente growl/scream di confine di Emilia Moncayo dei Minipony, che scegliendo la via della semi recitazione induce ai ripetitivi droni di chitarra e samples ritmici un’atmosfera ritualistica degna di nota e molto godibile. “Seclusion” da parte sua riprende invece la formula già adottata nel precedente As The World…, dove ritmi ancora più lenti avanzano senza fretta nel loro svilupparsi di una prevalenza elettronica alla manipolazione sonora con l’assenza di voci cantate ma con l’innesto di samples vocali e registrazioni pescate dal nostro chissà dove. Il risultato però porta forse ad una resa generalmente più industrial che prettamente drone/doom/dub, salvo poi deviare verso soluzioni oniriche alle volte ammiccanti a qualche suono in delay alla Metallic Taste of Blood. “Infraworld” infine regala la terza sorpresa, ovvero le indemoniate interpretazioni di Stefania Alos Pedretti al microfono, inscenando una trance abissale su un tappeto sonoro sì ormai già caratteristico ma più evanescente e lontano, con piccoli accorgimenti degni di nota e dovuti all’esperienza, come piccoli giochi di drum machine o piccole variazioni ritmiche ad ascolto attento quasi insignificanti.
A conti fatti, poche uscite così minute sanno racchiudere tanta varietà al proprio interno, pur essendo varietà di grigio alle volte dall’apparenza poco significativa. Punto davvero vincente di Of Flies sono sicuramente le performances delle due cantanti, bravissime entrambe a dare un tocco personale e di conseguenza una interpretazione ritualistica che amplia notevolmente la tavolozza delle sfumature. Prossimo giro ci permettiamo di suggerire un piccolo sogno nel cassetto, un certo Attila Csihar… chiediamo troppo? Chi scrive ci spera, ma anche senza essere esaudito sa che non sarà deluso.
(Subsound Records, 2019)
1. Of Flies
2. Seclusion
3. Infraworld