(Dischi Bervisti, Escape From Today, Overdrive Records, 2015)
A
(Bologna Violenta – Sinfonia in Fa-stidio maggiore, op. 35)
01. Allegro Drammatico
02. Andante Con Moto
03. Scherzone
04. Allegro Per Modo Di Dire
B
(Dogs For Breakfast)
01. Muhos
02. Gadea
Gli split sono difficili da interpretare: come polaroid scattate a random mettono insieme persone che s’incontrano a volte per caso e magari solo di sfuggita, sono figli di un momento e dicono poco del contesto in cui si sviluppano, ma spesso regalano sensazioni inedite e talvolta irripetibili. Bisogna possedere una mentalità aperta per concepirli ed essere un po’ allenati per gustarseli, perché non a tutti – musicisti e ascoltatori – risulta facile condividere il proprio spazio con gli altri, sia su un disco che su uno stereo. Lo split richiede capacità di adattamento come tra moglie e marito in funzione di un sano rapporto di convivenza. È un po’ il caso di questa nuova perla della musica estrema italiana, che ha organizzato sul ring una sorta di amichevole tra due pesi massimi, Bologna Violenta e i Dogs For Breakfast, che pur senza darsele tra di loro (da bravi conviventi 2.0) non risparmiamo di certo un fracco di botte alle orecchie degli ascoltatori.
Bologna Violenta ha stupito nel corso degli ultimi anni per via del suo patchwork musicale estremo, e nondimeno per la sua innata ironia e auto-ironia con la quale s’è sempre presentato sui palchi d’Italia e sui social network, caratteristica comune a pochissimi musicisti del suo calibro. Con i dischi a suo carico – Il Nuovissimo Mondo, Utopie E Piccole Soddisfazioni e Uno Bianca – ha spiazzato tutti, ma proprio tutti: dai fautori del grind agli hipsteroidi a caccia di novità alla moda, dagli scettici ai semplici amanti dell’imprevisto. Come definirne le coordinate? Tecno-Grindcore? Electro-Hardcore? Symphonical-Electro-Noise-Core farcito di campioni cinematografici e ispirato da storie di mala? È perfettamente inutile e inefficace appioppargli definizioni ed etichette: il bello di Manzan e del suo progetto è che è sempre stato ‘altro’, e lui stesso se ne è sempre strafottuto di tutto, catalogazioni e non. Ma con questo lavoro pare di essere arrivati ad un bivio. Almeno, così ci dicono le liner notes che annunciano un passaggio ad un suono contraddistinto da una componete più umana e meno meccanica, ovvero l’arrivo di Alessandro Vagnoni dei Dark Lunacy, un batterista in carne ed ossa a rimpiazzare la secca drum-machine che aveva sostenuto i precedenti lavori, e la partecipazione in un brano di Marco Coslovich, cantante dei The Secret, a impreziosire una delle quattro tracce che altrimenti sarebbero rimaste orfane di voce. Che sia davvero l’alba di un nuov(issim)o mondo? Qualcosa in effetti è cambiato: i brani da pseudo-operetta si sono allungati di parecchi secondi pur senza perdere il loro carattere zorniano e fanno maggiore sfoggio di ampi inserti di violino, di cui Manzan è maestro indiscusso, ma il preannunciato apporto umano in realtà non è che dia più calore ai pezzi, anzi: la batteria ad esempio è suonata praticamente con la precisione di una drum-machine, e la voce fa impressione più perché non la si è mai sentita così sulle strutture del Nostro che per la prestazione vocale in sé. Frenesia per frenesia, ci sono momenti pregevoli come i ghirigori para-orchestrali al minuto 1’26’’ di “Andante Con Moto” che sfociano in un intermezzo (campionato?) di piano, o la salita tra epic metal e rockabilly smorzato di “Scherzone” prima dello stridio finale, e altri più derivativi sull’onda lunga delle esperienze passate. Fanno capitolo a parte i titoli delle quattro ‘arie’, ma come già detto è ormai chiaro a tutti quanto Manzan sia un burlone particolarmente acuto.
Quanto ai Dogs For Breakfast: il power-trio piemontese sembra attraversare un momento di particolare rigogliosità compositiva. Non sono passati due anni da The Sun Left These Places (il quale aveva già marcato un distacco dalle sonorità dell’EP d’esordio) che i tre si ripropongono con due brani nuovi e consistenti, chissà, forse preambolo di un nuovo lavoro sulla lunga distanza. Il fatto è che nella loro metà non si aggiunge nulla di nuovo a quanto già detto finora: “Gadea” e “Muhos” sono un incrocio tra la schizofrenia marmorea di Rose Lane Was Tucker’s Girlfriend e le sonorità ruvide più High On Fire/sludge-oriented di The Sun Left These Places con qualche sfumatura dei primi Mastodon entro la metà di “Muhos”. La prima traccia parte subito durissima per sfociare in un mid-tempo a base di stopponi gravidi e in una timpanica a sostegno di una chitarra e una voce a dir poco luciferine. La seconda invece riesuma l’umore vitreo di “Three Steps To Salvation” nel breve arpeggio iniziale e poi regala uno squarcio di ben cinque minuti su una landa desolata triturata da una sezione ritmica che si muove lenta come un rullo compressore. Colpiscono la pesantezza – quasi in una corsa a chi riesce a ribassarsi di più – la cura maniacale del suono, l’esecuzione come sempre impeccabile, e una maggiore coesione tra le parti che compongono ogni singolo brano, ma mancano i momenti epici e il guizzo di genio: il trattore non impenna come impennava in alcuni punti dei precedenti lavori con un colpo di frizione o un lampo d’estro compositivo. Forse la natura dello split concede troppo poco spazio alla band per esprimersi appieno e all’ascoltatore per apprezzarne le effettive capacità. Ma se dal disclaimer si parla di disco/crocevia, non c’è che da sperare in un nuova portata a completamento di questo antipasto.
In definitiva parliamo di uno split che fa da ponte tra due realtà consolidate comunque molto diverse tra loro, e che sicuramente ‘farà hype’ tra gli amanti dei suoni massicci, ma che musicalmente, seppur bello, suona piuttosto riempitivo/compilativo per entrambi. Peccato solo per l’abitudine dei Dogs For Breakfast di coinvolgere sempre qualche ospite nelle loro uscite – siano collaborazioni su singoli pezzi o split, come in questo caso – un’abitudine tanto salutare alla loro visibilità – per non dire pubblicitaria – quanto ormai spuria, perché sanno perfettamente brillare (anzi, ardere) di luce propria.
7.0