Non si affermerà cosa di chissà che particolare rilievo dicendo che la scena finlandese ha conosciuto una particolare virata verso quello che alle volte, un po’ impropriamente ma che rende effettivamente l’idea, viene classificato occult black metal. La poca novità ha però un interessante ruolo nel capire come il black finlandese abbia virato verso una profondità di contenuti, alle volte non espressi al meglio ma evidentemente ben manipolati e conosciuti dai vari musicisti, che non sempre è presente negli altri territori scandinavi. Basti pensare all’ormai dismesso saio di Spellgoth, ma che mantiene elementi di notevole spessore quali rosari o campane, il ritualistico rimanere confinato in un circolo di Profundus o infine la evidente virata verso un certo tipo di occultismo di Hoath Torog. Da tutti questi elementi vari la nascita di un progetto come Bythos (nome che richiama il Dio primo in molti ambienti gnostici, greco per “profondità”) appare quasi una svolta necessaria, parte di un cammino culturale notevole nonché la dimostrazione della stretta collaborazione dei vari membri dei gruppi principali di una scena peculiare come quella finlandese. In questo caso tre membri attuali ed ex di Behexen, Horna e Sargeist si sono uniti per sviluppare una formula decisamente raffinata e personale di black metal.
Con la profondità tematica dell’occultismo più approfondito, che denota anche l’immersione dei Nostri in tali temi attraverso Daath, tant’è che risulta per l’appunto più gnostico che meramente e superficialmente satanico, i Bythos concentrano in The Womb of Zero un black metal elegante e melodico, senza sferzate particolarmente violente o blast forsennati, concentrandosi spesso su mid-tempo con grande utilizzo di parti corali e melodie che definire accattivanti e catchy sarebbe dir poco.
Precisazione: non si tratta assolutamente di un qualsivoglia doppione dei compianti Dissection, anzi, per quanto riguarda chi scrive non se ne sente manco lontanamente l’influenza (aggiungendo pure un doveroso “per fortuna”). I finlandesi sfoderano invero un arsenale quantomai ampio, partendo dai già citati cori (“Omega Dragon”) passando poi per sezioni indubbiamente semplici e non particolarmente tecniche (“Black Labyrinth”) che però fanno capire quanto i nostri siano capaci di variare senza difficoltà e senza la facile scappatoia degli abusi di idee già usate, con invece melodie tali da ricordare e canticchiarsi i motivi che rimangono con facilità in testa (“When Gold Turns Into Lead”). Anche la batteria però merita un effettivo elogio, in quanto su linee abbastanza semplici non viene mai a mancare il dinamismo necessario, i fill intelligenti e il riuscire ad evitare la sempre quasi banale efferatezza che spesso si propina.
The Womb of Zero si conferma già dai primi ascolti uno dei dischi black dell’anno. Oltretutto varrebbe davvero la pena, qui più che altrove, una seria analisi dei testi, profondi ed evocativi, senza mai scadere in volgarità facili e che spesso fanno la fortuna del genere. Per chi è particolarmente curioso di certi ambiti non sarà certo fatica trovare nessi e concetti qui ottimamente mascherati ma che esprimono splendidi principi, uno su tutti il mutare dell’oro in piombo. Infine, si conclude con la gratitudine, in un momento di simile ritiro (forzato(?)), di poter praticare ascetismo mentale con una così adeguata colonna sonora. Per pochi e per tutti.
(Terratur Possessions, 2020)
1. Black Labyrinth
2. When Gold Turns Into Lead
3. Sorath The Opposer
4. Omega Dragon
5. Call Of The Burning Blood
6. Hymn To Lucifer
7. Legacy Of Naamah
8. Destroyer Of Illusions
9. Luciferian Dawn