I Cave Sermon sono un progetto di Charlie Park, polistrumentista australiano (scrive i testi e musica, suona basso, chitarra, programma batteria e suoni vari) che si avvale della voce di Pablo Miguel Méndez, cantante dei Mico, band deathcore colombiana. Divine Laughter è il secondo album del progetto, dopo un EP e un disco di debutto che sono andati praticamente deserti; questo nuovo lavoro spero abbia sorti migliori perchè secondo me ha tutti i crismi del caso per piacere a chi, nella musica estrema, ricerca varietà, coraggio, sperimentazione.
Park getta nella mischia tanti generi e riesce nel difficile compito di farli coesistere, senza che questi cozzino tra loro. Nota di merito: minutaggio abbastanza consistente in quasi tutti i brani, senza mai passaggi a vuoto o soluzioni forzate. La sensazione, netta, è che ogni traccia sia un flusso unico anche se, come nella prima “Beyond Recognition”, si passa dal death metal tecnico e pieno di dissonanze, al metal classico, ed in mezzo guizzi blackened hardcore e sludge. La band strizza l’occhio alle melodie, anche se queste vengono accerchiate da ritmiche serrate che tutto vogliono tranne compiacere l’ascoltatore. La batteria è ovviamente esagerata, con un lavoro di programmazione che la spinge oltre il dovuto e il consentito; qui il parossismo è superato da un pezzo. Il death metal moderno, tanto caro a band fenomenali come Ulcerate e Artificial Brain, è la base sulla quale i Cave Sermon erigono il proprio anfiteatro. Sul palcoscenico si susseguono tragedie post-hardcore che richiamano alla mente i Neurosis di metà carriera e gli Isis più cervellotici; le aperture melodiche – con un retrogusto amarognolo – sanno di progressive metal. Le liturgie post metal e avantgarde si danno incessantemente il cambio, donando ai brani una palette di colori praticamente infinita. In alcuni momenti la densità viene mitigata con attimi di quiete, ma è solo una trappola: la band torna rapidamente sui propri passi, l’ascoltatore rimane così fregato due volte. Charlie Park è un cantastorie subdolo che arriva nella piazza del paese e vende l’apocalisse a prezzi modici. Basta ascoltare “The Paint of an Invader” che è l’espressione massima della sua arte, del raggiro, della seduzione, un fiato leggero sul collo, un brivido, poi il trucco si svela e lascia attonito l’ascoltatore. E che dire di “Birds and Machines in Brunswick”? Qui i muscoli vengono lasciati a riposare, si opta per un rumorismo che anestetizza, che socchiude gli occhi, prima della conclusiva title-track che rimette ogni cosa al posto giusto.
Sincopatie, bipolarismi, fughe dalla realtà, questo è il piatto cucinato ad arte da Park. Ingozzarsi è un privilegio.
(Autoproduzione, 2024)
1. Beyond Recognition
2. Crystallised
3. Liquid Gold
4. The Paint of an Invader
5. Birds and Machines in Brunswick
6. Divine Laughter