In un’estate dominata dal deathcore non potevano di certo mancare all’appello i Chelsea Grin con la loro nuova opera fiammeggiante: Self Inflicted. Orfano di Jason Richardson, il sestetto dello Utah ha trovato un nuovo chitarrista solista e nuova linfa vitale in Stephen Rutishauser.
Con questo ritorno alle scene i Nostri hanno messo da parte quasi del tutto le piccole e buone sperimentazioni elettroniche ed ariose per un ritorno al deathcore duro e puro. Questo ritorno alle origini si intuisce fin dall’iniziale “Welcome Back”, che si apre con un brutale blast beat insieme a un tremolo picking velocissimo. Quando si tratta di spingere sull’acceleratore i Chelsea Grin non hanno assolutamente paura, anzi, non aspettano a mostrare i muscoli. Non mancano ovviamente riff carichi di groove e pesantissimi breakdown, sempre molto ben fatti. Tra le tracce segnaliamo “Skindeep”, brano dalle melodie apocalittiche ben cantate dal vocalist Alex Kohler. Il riff granitico in tremolo picking che connota la canzone rimane in testa a lungo, regalando di fatto l’episodio migliore dell’intero lotto. Tornando sul discorso vocalist non ci sono critiche da fare dal punto di vista interpretativo, ma ci sentiamo di rimproverargli la poca maturità ed originalità dei testi, che indubbiamente a volte sprofondano nel banale e nei soliti clichés dettati dal genere. Il neo chitarrista Rutishauser, invece, ha uno stile molto diverso da Richardson, che è più tecnico e veloce, ma la band grazie alle sue doti ne guadagna in gusto e compattezza. La sorpresa del disco è celata nell’ultima traccia “Say Goodbye”: i cori angelici si miscelano inaspettatamente bene nella proposta ultra-violenta della band.
I Chelsea Grin sono tornati a regalarci una violenza a dir poco accattivante, in un sound che li porta ancora una volta a competere per il podio delle migliori band deathcore. Certo, con Self Inflicted ritornano ad essere un po’ ripetitivi, ma stiamo parlando di una band da sempre portabandiera del groove ultra violento e dei breakdown pachidermici. A conti fatti, parliamo di un nome sempre affidabile nel genere.
(Rise Records, 2016)
01. Welcome Back
02. Four Horsemen
03. Love Song
04. Clickbait
05. Skin Deep
06. Scratching And Screaming
07. Strung Out
08. Broken Bonds
09. Life Sentence
10. Never, Forever
11. Say Goodbye