La band svedese Cities of Mars, esplora ancora una volta i confini nascosti della galassia a bordo di un astronave carica di sonorità. Il loro terzo album in studio dal titolo omonimo,ì è il degno seguito di The Horologist del 2019 e attraversa il cosmo con una qualità visiva complessa. Il sound doom a tratti stoner avvicina l’ascolto a band come Nebula e Baroness, per un ascolto lineare e tenace. Nei brani poi prendono vita i paesaggi ambientali e armoniosi, che incastrano le melodie vocali ruvide e il corposo insieme di riff dissonanti. Infine il disco viene prodotto per l’etichetta americana Ripple Music e narra un vortice di capitoli diversi, che prendono piede durante il cammino tortuoso e spaziale, alla scoperta di nuove forme di vita, in un pianeta deforme e misterioso.
Con l’apertura di “Before the Storm”, si esplora un’atmosfera silenziosa, che racchiude un passaggio monolitico della voce in un rituale poetico e personale. Segue la minaccia oscura di “Towering Graves (Osmos)” e la sua marcia funebre, che abbatte il muro distorto creando una melodia malinconica. Sul tocco deciso della batteria, si avvolge la distorsione lenta con quel misticismo sotterraneo, che culla un soffio di anime perdute e tocca nel profondo lo stato attuale dei membri della band. “The Prophet (Methusalem)” invece avvia una storia contorta, per un viaggio inquietante e surreale. La linea vocale melodica graffia a dovere il tempo irregolare della ritmica, per un brano pesante che esplode nel cambio finale notevole. La breve suite acustica “Song of a Distant Earth (Hathra)” porta il disco in una vibrazione dolce e accogliente, dove luci ed ombre ci invitano in una giornata più luminosa, lasciando da parte tutto il dolore accumulato. Una traccia morbida e sognante, che regge le note sinfoniche della chitarra e del vocalist Palm. Subito dopo torna a spingere la violenza in “A Dawn of No Light (Chthon)” con un ritmo abile e frenetico, unendo il solo dinamico stile Black Sabbath, nel periodo più carismatico della loro carriera. Con “The Dreaming Sky (Anur)” ci avviciniamo alla fine, in un’apertura progressiva di un brano più lineare a tratti ruvido, che sposta le diverse sfumature su un tono graffiante. Gli ultimi due brani infine cambiano il mood al disco e notiamo la ballata leggera di “Reflected Skyline (Sarraqum)” per raccontare una poema triste e struggente, su una tenera riflessione. Per poi chiudere con il momento più suggestivo di questo lavoro, nella monumentale e infinita “The Black Shard (Bahb-Elon)”che arresta questo capitolo complesso, ricco di ambizione in un bagaglio di ricordi sentimentali da custodire con cura.
Cities of Mars è un buon disco, con diverse atmosfere nascoste, che lasciano un’impronta divertente e ben dettagliata, per immergere l’ascoltatore in un groviglio di pensieri surreali e notevoli.
(Ripple Music, 2022)
1. Before the Storm
2. Towering Graves (Osmos)
3. The Prophet (Methusalem)
4. Song of a Distant Earth (Hathra)
5. A Dawn of No Light (Chthon)
6. The Dreaming Sky (Anur)
7. Reflected Skyline (Sarraqum)
8. The Black Shard (Bahb-Elon)