Come si descrive il dolore? È difficile rispondere; ma, se guardiamo all’espressione musicale, allora A Patient Man, secondo full-length a nome Cult Leader, è un ottimo esempio di come si possano efficacemente rappresentare i sentimenti più angoscianti attraverso la musica.
Per chi non li conoscesse, i Cult Leader si chiamavano Gaza fino al 2013, quando la cacciata dell’allora vocalist Jon Parkin portò alla rinascita della band, col passaggio del bassista Anthony Lucero dietro al microfono. Nel 2015 la band pubblica Lightless Walk, che fa capire a tutti che la nuova band non è da meno della vecchia; oggi, il quartetto di Salt Lake City (la capitale mondiale del mormonismo: in confronto, il Vaticano non sembra una pessima alternativa) torna con un disco che evolve sensibilmente l’approccio della band. Se infatti Lightless Walk sarebbe potuto essere un disco a nome Gaza, tanto ne riproponeva le dissonanze e spigolosità tipiche, A Patient Man introduce elementi di altro tipo, pur senza snaturare il risultato complessivo. Infatti, alle già note – per chi sa di cosa stiamo parlando – aggressioni sotto forma di grind, sludge e mathcore, i Cult Leader aggiungono oggi derive addirittura death rock e no-wave, appunto utili a dar forma al dolore che il disco intende trasmettere. Certo, la partenza con “I Am Healed” è furibonda, brutale, ma è quasi una false flag: perché il vero indirizzo lo dà la successiva “Curse of Satisfaction”, quasi una ballata sostenuta dalle vocals disperate di Cicero, che esprimono tutta la rassegnazione di cui è permeato il disco. Forse è questo l’uomo paziente di cui parla il titolo. Questa diviene, nel complesso, la cifra dell’album, che si permette persino una nenia dolorosissima come “To: Achlys”, non a caso scelta come singolo; le successive “A World of Joy” e “Craft of Mourning” insistono, semplicemente, sull’impossibilità della felicità. La furia di tanto in tanto si riaffaccia, come in “Share My Pain” che ricorda da vicino i Gaza: ma il disco si trova, in generale, su una dimensione diversa.
Siamo di fronte, in definitiva, alla dimostrazione della notevolissima caratura artistica di una band che, con due monicker diversi, ha raggiunto ormai quota quattro (almeno) dischi imprescindibili per l’estremismo musicale contemporaneo. Imperdibile.
(Deathwish Inc., 2018)
1. I Am Healed
2. Curse of Satisfaction
3. Isolation in the Land of Milk and Honey
4. To: Achlys
5. A World of Joy
6. Craft of Mourning
7. Share My Pain
8. Aurum Reclusa
9. A Patient Man
10. The Broken Right Hand of God