Ognuno di noi ha un modo tutto suo di somatizzare gli eventi negativi della propria vita. C’è chi si rifugia nell’oblio esistenziale, chi cancella completamente l’avvenimento e chi infine decide di sfruttare tali negatività per realizzare opere che possano lenire il dolore e la sofferenza. David Kollar appartiene sicuramente a quest’ultima categoria e il suo The Son, datato 2013, è la trasposizione delle ansie e delle insicurezze di un padre nei confronti dei disagi (non andremo oltre) del figlio. Armatosi solo della sua fedele chitarra e del suo bagaglio professionale ed effettistico il Nostro ha imbrigliato in suoni, effetti e note tutti i sentimenti cui era soggetto in quel periodo.
The Son non è pertanto un lavoro semplice ed estremamente fluido, ma tale non è nemmeno il suo scopo. Le composizioni sono infatti basate su improvvisazioni registrate in due tempi, prima a Varsavia in uno studio di Tadeusz Sudnik e dopo nello studio personale di David in Slovacchia, risultanti in tre ore totali scremate dallo stesso. Il risultato è la storia, perché effettivamente di ciò si tratta, narrata nelle dodici tracce di The Son, a tratti angosciante, a tratti triste e malinconica. Altre volte sembra essere la rabbia a prendere il soppravvento e sentiamo così perdersi ogni qualsivoglia schema predefinito ed insorgere rumori e disturbi sonori. L’agglomerato sonoro si basa principalmente su un ambient cui non è difficile immedesimarsi se si conosce la storia dietro il tutto, e la chitarra, alle volte accompagnata dalle voci eteree di Lenka Dusilova e India Czajkowsk, traghetta senza sosta in una dimensione tetra ed angosciante. Non aspettiamoci però una violenza sonora nel senso stretto del termine. Qui la violenza cui siamo sottoposti è totalmente subliminale ed infida, e solo quando saremo totalmente trasportati e coinvolti nella storia narrataci questa esploderà manifesta nelle nostre menti.
The Son è un lavoro decisamente a se stante, sia per quanto riguarda la discografia di Kollar sia per quanto riguarda il mercato musicale in genere. Non prettamente noise, sperimentale, coi piedi un po’ inzuppati nell’ambient ed una vena fine e delicata cui il nostro non sa dire di no. Sicuramente per palati fini e coraggiosi, ma fossi in voi non sdegnerei di darci comunque un ascolto. Kollar è uno di quegli artisti che qualunque cosa combini merita sempre un po’ d’attenzione.
(Autoproduzione, 2013)
1. In The Middle of Somewhere
2. Shine Through The Heaven
3. Fear And Trembling
4. Take A Breath In Silence
5. Today At 18:00
6. Near That Place
7. Fragmanted Self
8. In The Boundary Of Contingency
9. Mother Imploring Sight
10. In The Middle Of Something
11. He Woke Up!
12. Playground At 16:37