Sono nati da membri degli Incoming Cerebral Overdrive, già questo dovrebbe farvi drizzare le orecchie. Il loro disco omonimo è uno degli esordi più belli usciti nel 2014 dall’underground nostrano. In più, possiamo assicurarvi che pure dal vivo i Deaf Eyes dimostrano di essere una band di caratura internazionale. Mancava solo un’intervista per conoscere meglio questo quartetto nato da poco ma già capace di mettersi parecchio in evidenza… Alle nostre domande ha risposto, in maniera decisamente esauriente, il chitarrista Pappa.
Ciao ragazzi, benvenuti sulle pagine di Grind On The Road. Chi sono i Deaf Eyes e perché hanno adottato questo nome?
Ciao a voi e grazie per lo spazio dedicatoci. Il progetto Deaf Eyes nasce come progetto parallelo di Incoming Cerebral Ovedrive, band della quale tutti noi facciamo parte. Il nome del gruppo (che è poi lo stesso del disco) è una sorta di metafora, rappresenta la sordità simbolica delle nostre anime prima che le nostre menti. Gli occhi come primi recettori sensoriali che vedono, ma non sentono, non capiscono e non interiorizzano la vera ricchezza e importanza delle cose e del mondo che abbiamo intorno. Sono solo trasportatori di impulsi ma non di messaggi. Forse per paura, forse per incapacità siamo diventati organismi dalla coscienza ridotta, imposta dalla puerilità spirituale del mondo moderno.
Tutti voi suonate negli Incoming Cerebral Overdrive. Com’è nata la necessità di formare questo nuovo progetto e, già che ci siamo, potete darci un aggiornamento sullo stato di salute della vostra “band di provenienza”?
I Deaf Eyes nascono all’incirca un anno e mezzo fa, quando decidemmo di provare a creare un tipo di sonorità diverse da quelle a noi più abituali. Alcuni di noi ICO ebbero alcuni problemi che impedirono di dedicarsi al progetto in modo assiduo, così, insieme alla voglia di cimentarsi in qualcosa di nuovo, facemmo nascere i Deaf Eyes. La band madre è attualmente in “standby”. Il futuro è per ora ignoto.
Alla luce dei progetti comuni è lecito fare qualche supposizione sulla genesi dei brani che compongono il vostro debutto come Deaf Eyes: avete ripreso materiale in qualche modo scartato dagli I.C.O. perché non inerente o è tutto nato dopo la decisione di formare la nuova band?
Diciamo che è una via di mezzo delle due cose. Alcune idee sono state riprese da un paio di brani che avevamo composto per ICO e risistemate con un’ottica diversa dopo aver deciso di creare il nuovo progetto. La grande maggioranza delle canzoni sono invece nate da zero con l’idea ben precisa che non dovessero suonare “ICO style” e quindi composte in un secondo momento a decisione già avvenuta.
In ogni caso il fatto di aver già lavorato insieme avrà reso molte cose più semplici. Ad esempio, come nascono i brani dei Deaf Eyes?
Direi di sì, ormai ci conosciamo da decenni e lavorare insieme è diventato abbastanza rapido, a parte quando non ci troviamo d’accordo… Allora diventa un po’ più problematico… Il processo di composizione è per la maggior parte eseguito dal sottoscritto (Pappa, chitarra) per poi essere continuato insieme in sala prove fino a che il risultato non risulti soddisfacente per ognuno di noi.
Tutte le recensioni che ho visto in giro, compresa la nostra, sono molto positive ma allo stesso tempo sono tutte concordi nel catalogarvi come “post metal strumentale”, un “genere” che negli ultimi tempi è stato decisamente sviscerato e riproposto in tutte le salse. Qual è allora secondo voi l’elemento che ha conquistato pubblico e addetti ai lavori?
Probabilmente scrivere “post-metal strumentale” è una comoda e astuta via d’uscita per catalogare una band. Nel senso che vuol dire tutto e nulla contemporaneamente. Nel senso letterario significa che la nostra musica viene dopo il Metal, che è oggettivamente corretto, ma non dice molto altro se non il fatto che siamo strumentali. Chiaramente chi scrive deve dare un indirizzo al futuro ascoltatore e usando questa terminologia mette il gruppo in un calderone di band che suonano un genere relativamente nuovo e di difficile collocazione. Se a qualcuno è piaciuto il nostro disco non credo sia per il genere che è stato proposto ma perché ha semplicemente apprezzato l’ascolto.
Decisamente apprezzabile è la vostra capacità di sintesi: i brani non superano i cinque minuti e il disco dura poco più di mezz’ora. È stata una scelta ponderata?
E’ stata abbastanza ponderata, nel senso che a volte proviamo a scrivere pezzi più lunghi e più ambient, ma bisogna essere onesti, non ci riescono. Se in 4-5 minuti riesci a dire tutto quello che avevi da dire risulta inutile, anzi, controproducente forzarsi a portare oltre una cosa (almeno per noi) già completa. Probabilmente è anche una questione caratteriale, siamo persone abbastanza pragmatiche.
I vostri concerti sono particolarmente energici e coinvolgenti, nonostante il rischio con un sound come il vostro sia quello di risultare “freddi”. Come vi preparate alla resa live dei brani?
Ci prepariamo facendo le prove (quando abbiamo il tempo necessario, altrimenti ci affidiamo al vecchio speraindio). Poi cerchiamo di dare il meglio della nostra energia quando siamo sul palco. Non avendo un vero e proprio frontman dobbiamo necessariamente creare una sinergia tra di noi che non ne faccia sentire la mancanza. Speriamo di riuscirci.
Com’è nata e come sta andando la collaborazione con Argonauta Records?
Avevamo finito di registrare e cercavamo qualcuno interessato al nostro album, siamo entrati in contatto con loro grazie ad una conoscenza comune che passò ad Argonauta il disco. Si rivelarono subito interessati e per noi fu un piacere oltre che un onore iniziare la collaborazione con persone capaci e con una passione viscerale per la musica come loro. Con Gero (uno dei fondatori di Argonauta) ci sentiamo spesso non solo per discutere dei progetti del gruppo, ma anche per chiedere un consiglio o un favore di qualunque tipo.
Approfitto di questo spazio per informare tutti i lettori che il 10 Maggio a Bosco Marengo (AL) ci sarà la prima edizione dell’Argonauta Fest, un festival concepito appunto da Argonauta Records dove ci esibiremo insieme ad altre meravigliose realtà della nostra etichetta. Tutto made in Italy!
Che aria tira dalle vostre parti? Ultimamente sembra ci sia parecchio fermento nell’underground toscano…
Direi di sì, ultimamente ci sono diverse band molto interessanti, molto più rispetto ad anni fa (almeno secondo il sottoscritto). Il problema è che l’aumento di qualità è inversamente proporzionale all’aumento di pubblico. Questo fa sì che gli spazi siano in diminuzione, ultimo esempio la chiusura del Controsenso di Prato, locale che ha sempre preferito la qualità della proposta rispetto ai facili guadagni che possono portare serate con cover bands per esempio.
Progetti per il futuro?
I progetti sono suonare il più possibile. Stiamo cercando serate in Italia e stiamo anche organizzando un piccolo tour estero per il prossimo autunno. Stiamo componendo nuovi brani e speriamo di registrare in un lasso di tempo relativamente breve.
Grazie per la vostra disponibilità, salutate i nostri lettori come preferite.
Grazie a voi per questo spazio, per l’impegno costante e per crederci. Ci tengo a ringraziarvi anche per la bellissima serata con Nero di Marte, Duality e Nono Cerchio. E’ la gente come voi che fa vivere quelli come noi. Ai lettori dico di stare al pc e leggere GOTR, ma fino alle 20; dopo c’è da andare ai concerti!
Grazie ancora
Pappa