Può una pandemia e l’incontro tra due artisti prolifici e poliedrici dar vita ad un progetto musicale – seppur distante, e pure di parecchio, dalla musica così globalmente percepita, poi capirete – e una lunga serie di uscite discografiche, tra singoli/EP/album, che trova ulteriore sfogo e sfoggio in questo nuovo disco in studio? Può eccome: Kevin Rutmanis, fin dal lontano 1987, è un costante flusso di scrittura e ricerca artistica; pensiamo ai seminali Cows, ai leggendari – e super produttivi – Melvins, la combriccola chiamata Tomahawk e chissà quante altre idee sono ancora in giro nella sua testa. Gina Skwoz, artista multimediale, lo accompagna in questa scorribanda che è il progetto Lord And Lady Kevin. Dal 2020, in pieno lockdown, i Nostri hanno scritto e pubblicato diverse cose ma è solo con l’entrata in formazione di Trevor Dunn, un altro figuro che ha fatto del peregrinare artistico il suo credo, che la band pubblica il suo primo disco ufficiale.
Cambiando nome, adesso in Dunn With Lords And Lady Kevin, ecco che Last Days At Hot Slit è una sorta di rimpatriata tra vecchi amici, un ritrovo per gente che è affetta da svariate dipendenze – ovviamente la mia vuole essere un’allegoria – una gita fuori porta con la colazione al sacco.
L’album è complesso, di difficile fruizione, in linea con quanto fatto dai musicisti coinvolti nelle loro rispettive carriere. Un album che per assurdo è ben lontano dalla musica propriamente detta. Qui di canzoni vere e proprie, ossia codificate su binari noti e accettati da sempre, ce ne sono pochissime. Possiamo parlare di composizioni, un termine “alto”, totalmente libere e anarchiche e al contempo (ed è qui che la genialità risalta fiera e tronfia) facenti parte di un unico humus musicale/narrativo/concettuale. Brani che nascono, si sviluppano, sfumano nei seguenti, che a loro volta richiamano i precedenti. Avete presente le coreografie degli stormi di uccelli che in volo paiono una cosa sola? Ecco, questo disco è così: piccole schegge impazzite che si uniscono diventano un’arma più grande, letale, dirompente. Troviamo durante l’ascolto tanta elettronica, sempre molto rumorosa. D’altronde il noise rock è probabilmente la bandiera che meglio raffigura il suono del trio. Che non lesinano contaminazioni con la musica etnica, l’afrojazz, il teatro canzone, una sensazione persistente di trovarsi al cospetto di una lunga jam session. La forma canzone viene sovente abbandonata ai lati della strada. Una strada che taglia in due la storia musicale, una sorta di Route 66 che diventa ovviamente 666, perché la domanda nasce spontanea: è il diavolo in persona che anima il songwriting di Dunn, Rutmanis e Skwoz? Canzoni che non sono canzoni, rese poltiglia, tartare umane, spappolate con brutalità tra noise selvaggio, fun jokes, nonsense e un perdurante senso di esser presi per il culo dall’inizio alla fine. L’improvvisazione anima ogni singola traccia, cadono le più basiche regole per scrivere un qualcosa di senso compiuto. Dodecafonia e parossismo, il confine tra musica, seppur estrema, e baccano senza senso, si assottiglia sempre di più.
Last Days At Hot Slit è un serpente che si muove lentamente attorno all’ascoltatore. Lo seduce, ci scherza, ammicca, poi inizia a stringere sempre di più, arrivando infine a spalancare la sua bocca e gnam gnam, l’ascoltatore è bello che precipitato in un intestino ribollente di chitarre fuzz e bassi riottosi. Un album che ogni tanto indossa l’abito buono per la festa, alla quale però nessuno ci ha invitato e partono furiose sessioni di bullismo. Questo è il debutto dei Dunn With Lords And Lady Kevin: una trappola bastarda nella quale è un attimo caderci e un’eternità uscirne.
(Overdrive, 2024)
1. Despair
2. Devil Woman
3. Hell Better
4. Hiq82
5. Humanity One
6. Last Days At Hot Slit
7. Lazarus
8. Monday
9. Shape
10. Sweet Jesus
11. Indifference