Per arrivare a parlare del nuovo disco degli americani Eidola devo fare un piccolo passo indietro, un viaggio nel tempo fino all’anno in cui ho scoperto i Dredg. Che erano, per l’epoca, una band assolutamente unica e incredibile, capace com’era di fondere svariati generi in modo brillante e naturale, al punto che la loro audience non era identificabile in una sola scena. Ai loro concerti c’erano metallari duri e puri, amanti del pop più ruffiano, cultori delle varie correnti hardcore, persino adoratori dell’hip hop. Ed era tutto bellissimo. Dopo di loro, anzi: assieme a loro, ecco che c’erano, e ci sono, tutta una serie di band che hanno fatto di questa commistione di generi un vero e proprio trademark. Gli Eidola sono questa cosa qui, un melting pot che prende un pezzo da una parte, uno dall’altra, usa qualcos’altro ancora per amalgamare meglio il tutto ed ecco che Mend prosegue nel solco tracciato dal precedente disco Eviscerate (2024), che a sua volta segue The Architect (2021), quindi un rock/metal che sa di alternativo, di post- qualsiasi cosa possa passare per la testa in fase di composizione, lasciando sempre spalancate le finestre sul mondo in cerca di ispirazioni, di una farfalla che disegni scenari futuribili col suo volo a zig zag, fragranze di cibi sconosciuti che vanno a solleticare il palato e sedurre lo stomaco. Liricamente tutti gli album sono collegati con un concept su religione, filosofia, antropologia, sociologia, e questo mi ricorda un po’ la poetica dei The Dear Hunter e dei Coheed and Cambria.
Mend può piacere davvero a tutti gli amanti della musica, quella musica che non ha barriere, non ha confini, non ha etichette. Se c’è una musica liquida, utilizzando un termine in voga in questa epoca tribolata, è proprio quella della band di Spanish Fork (Utah, e farei molta attenzione allo stato di provenienza, fa capire meglio l’urgenza dei Nostri di superare qualsiasi ostacolo precostituito). Gli Eidola passano con estrema disinvoltura dal rock a tutto tondo, con chitarre graffianti e circolari, all’hardcore melodico con quei cori starnazzati che tanto piacciono alla gente che piace (cit.), con smaccate influenze R’n’B che permettono loro un sicuro e facile airplay con brani che prendono Craig David e Maroon 5 come numi tutelari.
L’unico difetto, o meglio: rischio, è che band come gli Eidola, che hanno una fortissima componente melodica/commerciale, possano passare come il cugino sfigato di Harvard che invece di andare di limone a mò di elica, ammorba tutti gli astanti con fisica quantistica e roba simile. Rischiano inoltre di passare per elitari – problema che un po’ te lo vai anche a cercare se pubblichi dischi doppi, tripli, con concept filosofici e testi chilometrici – ma molto probabilmente agli Eidola, e a band similari, la cosa non preoccupa minimamente. A conti fatti, con un Mend che suona così bene, hanno ragione loro.
(Blue Swan Records, 2025)
1. Braham: Garden Of Eden
2. Prodigy
3. Empire Of Light
4. My Father’s House
5. Kaleidoscope
6. A Pearl In A Dead Sea
7. Blood In The Water
8. Renaissance
9. What It Means To Be Alone
10. Restore Me – feat the afterhour.
11. The Faustian Spirit
12. Godhead: Final Temple
13. Revelatione: The Infinite Beauty Of Oneness