È dura, molto dura avere qualcosa di interessante da dire se, nel 2016, si propone musica come gli Eleanora: l’ormai ben noto mix tra post-hardcore e “sludge” (etichetta ormai decisamente abusata), con le varie derivazioni black, crust e via discorrendo, sulla strada aperta ormai qualche decennio fa dai maestri Neurosis e ripresa, appunto con le moderne varianti, da migliaia di band. In più, gli Eleanora sono belgi, il che significa che su di loro si allunga la maestosa ombra degli Amenra, una delle band che meglio ha saputo reinterpretare le idee della seminale band di Oakland. Il problema si fa ancora più serio se con gli Amenra si è pure fatto un split (nel 2014): il rischio di risultare dei banalissimi cloni è piuttosto alto.
Ecco, questo rischio gli Eleanora sono riusciti ad evitarlo. Allure segue, e non può essere altrimenti, gli stilemi citati; ciononostante, la band li declina in maniera talmente personale e convincente da farci quasi gridare al miracolo: perché non capita spesso – anzi, sempre più di rado – che una proposta di questo tipo possa stupire. Allure riesce ad essere un disco davvero “estremo”, per quelli che sono i parametri del genere, grazie soprattutto al fatto che il quintetto belga preme sempre sull’acceleratore, pesta senza pietà e, last but not least, dimostra una versatilità compositiva rara: in particolare le due chitarre dialogano in maniera molto ricca, supportati da una sezione ritmica dinamica e compattissima ed una voce estremamente aggressiva, certamente uno dei punti di forza della band. Già l’iniziale “Menis” mette tanta carne al fuoco, e si permette un finale che va persino “oltre” lo sludge, toccando abissi di doom funereo. “Sovereign in Mind, Subjected in Kind”, il pezzo migliore del lotto, prende il via con una melodia scopiazzata (questa sì) agli Amenra, ma va presto per la sua strada: da metà in poi dei suoi quasi nove minuti è addirittura tellurica, travolgente. Tocca quindi a “My Scepter, Sword of Vengeance”, violentissima e dolorosa, incalzante, cui il riff portante in tremolo aggiunge ulteriore tensione prima di un rallentamento paludoso, nel quale si inserisce qualcosa che assomiglia a (ma fortunatamente non è) un assolo. Tra frequenti accenni a Buried Inside e Fall Of Efrafa – ovvero, il meglio del meglio in quanto a post-hc – giungiamo alla conclusiva “Telos”, in cui a farla da padrone è un basso pulsante e pieno di riverberi, mentre la band produce melodie dolorosissime degne dei Process Of Guilt. Quattro pezzi in totale, quasi quarantacinque minuti: eppure, vi assicuriamo, non ci si annoia neanche per un secondo.
Gli Eleanora riescono insomma a mettere insieme tutte le migliori idee del post-hardcore degli ultimi vent’anni, dando loro un deciso tocco di personalità e risultando alla fine una delle migliori proposte in questo campo che ci sia capitato di sentire da qualche anno a questa parte. È forse impossibile essere “originali” suonando questo tipo di musica: i belgi però non ci vanno lontani e, comunque, si segnalano tra i migliori interpreti del genere. Se amate queste sonorità, non fatevi per nessun motivo scappare questo Allure.
(Consouling Sound, 2016)
1. Menis
2. Sovereign in Mind, Subjected in Kind
3. My Scepter, Sword of Vengeance
4. Telos
8.0