(Autoproduzione, 2013)
1. Dante
2. Gauss
3. Pascal
4. Vesper
5. Tesla
6. Marat
I polacchi hanno deciso di fare un notevole salto di qualità in questo nuovo millennio in ambito post metal e questa nuova fatica degli Entropia a nome Vesper ne è un ulteriore conferma. La Polonia ci aveva già deliziato i padiglioni auricolari con le ultime valide prove in studio di Blindead ed Obscure Sphinx, i primi orientati verso lidi progressivi mentre i secondi immersi fino al collo in un tetro sludge spietato, ed ora ci si presentano gli Entropia con la loro commistione di black e post .
Stavolta, a differenza del lavoro precedente, significativamente più orientato verso il post-rock (nell’accezione più classica del termine), ci ritroviamo tra le mani un lavoro molto più maturo e maggiormente influenzato da due dei gruppi più famosi del genere, vale a dire Altars of Plagues e Deafheaven, i quali rivivono in svariati echi presenti nelle sei tracce dei polacchi. Com’è dunque cambiato il suono della band? Tanto per cominciare, se tralasciamo la titletrack, noteremo subito un sound che a primo impatto risulterà più crudo e spietato, salvo poi evolversi in un perfetto mix di eleganza musicale alternata ad una furia black metal che fortunatamente non eccede in quanto a presenza. Dal punto di vista strumentale il lavoro dei polacchi rischia parecchio, puntando su un’economia compositiva pesantemente spostata a favore delle sezioni strumentali a discapito della voce, che comunque trova in ogni canzone un piccolo ruolo da protagonista specialmente nei primi minuti di ascolto.
Gli Entropia ci guidano in un viaggio in cui solo ambientazioni tetre e riflessive sono concesse e in cui prevale un senso di smarrimento quasi totale, di abbandono e di rabbia, che risale dai profondi abissi del nostro animo per infrangere ogni barriera ed aprirci la mente ad un viaggio onirico senza sosta. Questo album si fa forte di un impatto davvero profondo e, senza voler sconfinare in eresie per i più fedeli, saremmo portati a ritenere che gli Entropia siano riusciti ad andare oltre i due grandi nomi sopracitati. Se ci si accinge ad ascoltare una traccia come “Tesla” (curioso il fatto che buona parte delle tracce sia accumunata da titoli con un ovvio richiamo alla scienza) non si può non venire sopraffatti dalla furia delle partiture black ed addirittura spaventati dalla capacità delle sezioni strumentali, sempre a cavallo tra i due generi compositivi, di inghiottirci in vortici ipnotici e pur sempre capaci di sorprenderci a lungo andare duranti il minutaggio della canzone. Vero piccolo capolavoro del disco è la titletrack, totalmente strumentale e pesantemente orientata verso lidi maggiormente familiari al post metal; in ogni traccia si troverà sempre e comunque un elemento nuovo atto a snellire la proposta con una variabilità musicale impressionante (vi sfidiamo a non rimanere sorpresi nell’evoluzione che rende la seconda traccia perfetta ambasciatrice di questo stile compositivo).
Come già detto, ogni traccia ha una sua particolarissima espressione vitale, ognuna con una caratteristica che la distingue per personalità dalle altre. Potremmo citare la traccia d’apertura che conduce l’ascoltatore verso lidi più consoni agli Altar of Plagues o le ultime due tracce, di cui la quinta è già stata analizzata, che si sviluppano in toni più vari rispetto alle altre del disco, ovviamente tralasciando la quarta, autentico exploit dei polacchi. Il disco è consigliatissimo, sia che siate esperti del genere sia che sia per voi un primo approccio al mondo del post contaminato col black metal. Fate però attenzione, perché gli Entropia procederanno in un incedere spietato senza pausa alcuna, sia che vi perdiate sia che riusciate a seguire l’empatia esasperata promossa dai polacchi. Se siete poco avvezzi al genere, il pericolo di perdersi e di non emergere più dai vostri abissi sarà molto concreto.
8.0