Alta arde la Nera Fiamma, a dispetto del passare degli anni e delle migliaia di band che si sono ormai cimentate nel ripercorrere le orme di quella manciata di visionari che, ormai quasi trent’anni fa, hanno mutato per sempre i connotati della musica estrema. Qualcuno, forse, scriverà un giorno – con cognizione di causa e senza pruriti da paparazzi – la storia del black metal come fragorosa espressione dell’animo umano, come moto di ribellione assoluto, forse persino definitivo. Ma è una storia che è ancora lungi dal finire.
Il 2019 ci ha consegnato già numerose perle nere, con in testa i colossi Deathspell Omega, Mgła e Misþyrming (tra gli altri) a guidare il branco; ma tendendo bene le orecchie, al recensore giungono ogni tanto sorprese inaspettate. È il caso del disco di cui parliamo qui: To Become the Great Beast dei norvegesi Eternity, band semisconosciuta ma attiva – a lungo come one-man band – addirittura dall’inizio degli anni Duemila. Quasi vent’anni di esistenza, che il profilo Facebook della band descrive come il «lifework of Evighet», voce, chitarra e mente dietro questo progetto che giunge alla seconda prova sulla lunga distanza dopo Bringer of the Fall, pubblicato addirittura nel lontano 2006. Trovati tre degni compari per completare la line-up, il nostro ci presenta un disco black metal che oseremmo definire perfetto, se tale espressione non fosse di per sé pleonastica (e in fin dei conti inutile). To Become the Great Beast suona come dovrebbe suonare il black metal: intenso, malvagio, blasfemo, incazzato come una vespa. Però – attenzione – non è che qui ci sia solo “attitudine”: qui ci sono le canzoni, ci sono i riff, c’è la sapiente scrittura di pezzi che funzionano dalla prima all’ultima nota, che nel contesto di una proposta sicuramente omogenea (niente sonorità no-wave, niente synth, niente elettronica: solo black metal) rimangono tutti, nessuno escluso, perfettamente riconoscibili. Vi sfidiamo a non aver voglia di dare fuoco a una chiesa ascoltando “Te Nostro Deum Sathanas” (ok, disapproviamo i titoli in latino maccheronico: ma stavolta ci passiamo sopra), a non far partire un headbanging irresponsabile sulle digressioni di “Horror Vacui”, a non subire il fascino evocativo di “Violator” e “Empire”. Se avete bisogno di qualche riferimento, diciamo che gli Eternity suonano grosso modo come i primi Marduk, o i Dark Funeral: chitarre sulfuree (e ovviamente zanzarose), blast beat dovunque, ritmi vertiginosi, uno scream non lontano dal growl, un’attitudine nichilista e belligerante che risulta catartica.
Lo ribadiamo: in mezzo a tanti colossi e nomi più o meno storici che in ambito black quest’anno hanno sfornato capolavori, o comunque dischi notevolissimi, non va trascurata questa prova che giunge, inaspettata, a sparigliare le carte.
(Soulseller Records, 2019)
1. Sun of Hate
2. Bringer of the Fall
3. Te Nostro Deum Sathanas
4. If Ever I Lived
5. Horror Vacui
6. In Subspecies Aeterna
7. To Become the Great Beast
8. Violator
9. Empire
10. Nine Magic Songs