Un buon re secondo Socrate deve rispettare i seguenti parametri: capacità di governare, ambizione, temerarietà e rispetto. Praticamente tutti questi ingredienti li troviamo in King, quarto album della band estrema italiana attualmente più famosa nel mondo: i Fleshgod Apocalypse.
Il symphonic death metal è cosa per pochi, o meglio per poche band. Ovviamente si tratta di una commistione di generi che normalmente vivono agli antipodi, ma questa band è un brillante esempio di come molto spesso i poli opposti si attraggano vivendo in simbiosi. Fin dal primo ascolto questo nuovo disco si presenta molto godibile. La prima traccia è l’introduttiva “Marche Royale”, una marcia inesorabile, appunto, che si tramuta in un brano arioso dall’atmosfera epica. Pare di essere all’incipit di una battaglia sanguinosa e la band italica è maestra nel mostrare i muscoli: la composizione dell’album è molto più coesa e decisa rispetto alle uscite precedenti. In “In Aeternum” la parte estrema del gruppo ha il sopravvento, ma è sostenuta magistralmente da una sezione classica per niente pacchiana né invadente; in generale, facendo un paragone con l’album precedente, Labyrinth, questo nuovo lavoro risulta molto meno ridondante e più fruibile. Il delirio di suoni drammatici ha la meglio in “Cold As Perfection”, brano più lento del solito oltre che molto magniloquente. La voce di Riccardi è a dir poco cavernosa per tutta la durata del disco e in certi frangenti si esibisce in acuti non indifferenti.
I brani più rappresentativi delle anime che convivono all’interno dei Fleshgod Apocalypse, nonché episodi migliori di tutta la tracklist, sono la brutale “Mitra” e la raffinata “Paramour (Die Leidenschaft bringt Leiden)”. La prima è il climax dell’intero lavoro, la seconda, rappresentante la calma dopo la tempesta, è cantata per l’occasione dal soprano Veronica Bordacchini, che con bravura e grande competenza coinvolge profondamente l’ascoltatore in un autentico inno all’impeto e passione del Romanticismo. Dopo questo piacevolissimo break di puro stampo sinfonico si riprende immediatamente a pestare duro con la spietata “And The Volture Beholds” e la a dir poco pachidermica “Gravity”.
Con questo album sinistro e magniloquente la band tricolore propone la versione più matura e consapevole di se stessa. Parliamo complessivamente di uno sforzo titanico alla luce dei contenuti, della perizia tecnica e della produzione sopraffina a cura di Marco Mastrobuono degli Hour Of Penance. King è un disco da ascoltare più e più volte e sicuramente è la migliore opera che i Fleshgod Apocalypse abbiano mai composto fino ad oggi.
(Nuclear Blast Records, 2016)
01. Marche Royale
02. In Aeternum
03. Healing Through War
04. The Fool
05. Cold as Perfection
06. Mitra
07. Paramour (Die Leidenschaft bringt Leiden)
08. And the Vulture Beholds
09. Gravity
10. A Million Deaths
11. Syphilis
12. King