Il segno dei predestinati. Fin da subito, dall’EP d’esordio del 2016, i Gaerea avevano mostrato tutte le qualità per ambire allo status di next big thing del black metal europeo: nel giro di pochi anni, la promessa è stata mantenuta. L’eccellente Unsettling Whispers (2018) aveva dimostrato che le buone idee del primo EP non erano state certo occasionali, bensì la base di un percorso artistico in grado di regalare grosse soddisfazioni. Puntuale è arrivato il contratto con una tra le più importanti label della musica estrema, la Season Of Mist, sempre attentissima a quanto di più interessante si muove nell’underground europeo. Eccoci dunque a parlare di Limbo, seconda prova sulla lunga distanza per i lusitani e ambizioso punto di partenza per una nuova fase della loro carriera.
Se, infatti, le prime due uscite dei Gaerea risultavano debitrici – a tratti, forse troppo – di alcune delle tendenze più in voga del black contemporaneo (pesante, ovviamente anche sul piano dell’immagine, l’influenza degli Mgła), Limbo mostra la volontà di distanziarsi da un certo ‘canone’ e di accrescere – ulteriormente – la personalità e la riconoscibilità della band. L’incipit del disco è la monumentale “To Ain”, manifesto – anche lirico – dell’intera opera e monolite di oltre undici minuti di durata. Il messaggio dei Gaerea è molto chiaro: l’ascoltatore non avrà vita facile ed è chiamato sin da subito ad immergersi nel Limbo, senza aspettarsi la mano tesa dalla band con pezzi di facile presa posti in apertura di tracklist. La furia con cui i portoghesi si presentano è appena mitigata dalle consuete aperture melodiche, e rende difficile ridurre la loro proposta a un “mero” (post) black metal. Sono in particolare le vocals a segnare una discontinuità rispetto al passato: per quanto il timbro dell’ignoto frontman rimanga inconfondibile, si fa qui meno ricorso agli accenti teatrali che avevano contrassegnato sin qui la proposta della band. Più che mai, inoltre, si fa ricorso a un serratissimo blast beat – “Glare” è una mazzata in pieno volto, nulla di più e nulla di meno – e, in generale, tempi e riffing sono furibondi, vicini a certo black svedese anni Novanta ma, ci pare, persino al death metal. In termini generali sta qui la discontinuità rispetto alla produzione precedente: un più accentuato estremismo sonoro, soprattutto sul piano ritmico e vocale.
Come il disco si era aperto con la lunga cavalcata di “To Ain”, non da meno è la conclusiva “Mare” – preceduta dal pezzo più breve del disco, la pur ottima e ferina “Urge” –, questa più versata verso aperture melodiche e una costruzione basata su una stratificazione delle chitarre molto interessante, che produce un effetto di crescendo che vuole sublimare il suggestivo viaggio rappresentato dal disco.
Chi scrive aveva, forse, apprezzato maggiormente il precedente Unsettling Whispers, ma si tratta di sfumature. I Gaerea sono già una delle realtà più interessanti del panorama internazionale, anche grazie ad un abile uso della comunicazione e dell’immagine: elementi, questi, che tuttavia non diminuiscono lo spessore artistico della band ma, al contrario, vanno inseriti in uno sforzo appunto artistico a tutto tondo, che non tralascia alcun aspetto. Anche per questo, meritano pieno supporto.
(Season Of Mist, 2020)
1. To Ain
2. Null
3. Glare
4. Conspiranoia
5. Urge
6. Mare