La calura e l’hardcore punk, secondo me, hanno diversi punti in comune: ti fanno sudare, bere birra, imprecare e, infine, t’invogliano a farti una bella doccia. Dunque, quale miglior momento se non questo per recensire un album che rientra perfettamente nel genere sopracitato? I Geld, per chi non percorresse con assiduità gli impervi territori del punk estremo, sono una band australiana decisamente feroce e rumorosa, la quale, nonostante mantenga una velocità di crociera più che notevole, non rinuncia ad aprirsi a parti più cadenzate (midtempo, volendo utilizzare un termine tecnico). Con Currency // Castration, la loro ultima fatica, riescono ad approdare nel roster di Relapse Records, approcciandosi per la prima volta ad un pubblico decisamente più ampio, dedito particolarmente al metal, ed io cercherò di parlarvene in modo non prolisso, in linea con la loro musica.
Tagliamo subito la testa al toro: questo album non si discosta particolarmente da numerose altre uscite hardcore punk; del resto, non stiamo prendendo in esame un genere famoso per il suo essere progressivo o sperimentale, per quanto ovviamente siano esistite, ed esistano tutt’ora, delle mosche bianche anche in questo filone musicale. I quattro australiani sono riusciti, in ogni caso, in un’impresa non da poco: farmi abbeverare direttamente alla fonte della nuda e cruda bestialità sonora, così da placare, momentaneamente, la mia sete di essa. La produzione del disco è sporca a puntino, non rovinando i brani e rendendoli, per quanto rumorosi, sempre accessibili; inoltre, il cantato distorto ed il basso sempre ben presente nel missaggio, aiutano a comunicare ancor meglio l’idea di violenza propria dei quattro musicisti. È un brano strumentale (ad eccezione di un paio di urla) ad aprire le danze, dove la chitarra regna sovrana, ma purtroppo, per quanto piacevole esso sia, non riesce a collegarsi bene con il successivo, andando a smorzare un poco i nostri animi. Iniziamo così a percorrere, sotto un sole cocente che ci vessa dall’alto, un singolo e lineare binario. Al netto di una partenza non delle più entusiasmanti, l’album sfodera fin da subito la sua rabbia hardcore condita parsimoniosamente di rallentamenti. “Clock Keeps Crawling” è un brano midtempo da ballare 2 step, il quale funziona decisamente bene nella sua semplicità, spronando l’ascoltatore a ritrovarsi madido di sudore e sporco di birra ad un concerto asfissiante; la parte più “storta” mi ha ricordato un poco i Gay Kiss, compianta band hardcore punk che mi sento di consigliarvi. Proseguiamo con “Fog of War”, brano metal punk riconducibile agli ultimi lavori dei Darkthrone, che pur mantenendo le dinamiche del precedente, riesce a sottolineare ancora di più il caos, sia sonoro che compositivo, della band. I brani quindi, oltre ad essere catalizzatori di rabbia esplosiva, riescono anche ad essere orecchiabili, strizzando l’occhio allo stage diving e al divertimento, perché va bene annichilirsi, ma anche svagarsi è importante! “Secret Prison”, penultimo scoppiettante brano del lotto, è una sfuriata che vanta di un assolo devastante, dove noi siamo il matador e i Geld sono il toro; senza avere il tempo di rendercene conto, finiamo incornati e a gambe all’aria in un polverone di terra.
Perdiamo sangue, e il sole continua a battere senza pietà sulle nostre teste. La vista va ad offuscarsi, mentre origliamo un tetro arpeggio di chitarra acustica, lasciandoci presagire un futuro non dei più radiosi. Che ne sarà di noi? Chissà, ma una cosa è certa: in poco più di venti minuti i Geld sono riusciti a stordirci e a farci sanguinare, per poi lasciarci stesi al suolo, in un tempo ed uno spazio non ben definiti. Alle volte, è meglio dir poche cose bene, che dirne tante male.
(Relapse Records, 2023)
1. Currency
2. Chained to a Gate
3. Cut You Down
4. Clock Keeps Crawling
5. Fog of War
6. The Fix is In
7. Across a Broad Plain
8. Hanging from a Rope
9. Gas of Corruption
10. Success
11. Secret Prison
12. Castration