La band austriaca/tedesca Glare Of The Sun con questo TAL giunge al traguardo del terzo disco, da sempre lo spartiacque nella carriera di ogni artista. Non ho avuto modo di ascoltare i due precedenti lavori e spulciando in rete ho letto recensioni e commenti dove mi si citano i Nostri come alfieri del post-metal. La cosa non mi trova assolutamente d’accordo. Purtroppo il suffisso post viene messo un po’ a casaccio, a mo’ di paravento, un abito comodo per ogni occasione. A me sembra davvero fin troppo semplicistico ma tant’è, la Musica suscita in noi sensazioni sempre diverse, al netto di oggettive coordinate stilistiche che andrebbero però sapute riconoscere. I Glare Of The Sun, che hanno una scrittura musicale ricca, stazionano nel progressive death/doom, con piccole pennellate gothic, intermezzi folk e acustici e, se si vuole citare il suddetto post-metal, qualche guizzo moderno e contaminato che, una volta tirate le somme, darà soddisfazione ad un’ampia fetta di pubblico. La versione standard dell’album consta di sette brani, quella in mio possesso ha due bonus track, una delle quali l’avrei aggiunta perché davvero bella. Il quintetto ha nella voce di Christoph Stopper il suo fiore all’occhiello; dotato di un ottimo growl, si cimenta con successo anche in belle parti pulite. Le seconde voci sono di Gerald Huber, che si occupa anche delle chitarre insieme a Martin Baumann. I due costruiscono una gran mole di riff, bilanciando sapientemente le due componenti, quella più diretta e quella più emozionante. La sezione ritmica, affidata al basso di Franz Ebert e alla batteria di Tobias Schwab, suona precisa, semplice, senza inutili orpelli; quando il detto less is more viene applicato al meglio.
Ho trovato questo disco molto bello, ha una sua maturità compositiva, i Nostri sanno scrivere canzoni incisive ma al contempo melodiche, senza esagerare in un senso e nell’altro. La produzione di Martin Schirenc (Pungent Stench) è ottima, le tracce hanno pulizia mantenendo un calore quasi jazz. Le canzoni sono tutte molto belle: “Colossus” è un’opener sontuosa, “Rain” – la migliore dell’album – è emozionante, con un ritornello da urlo, “Äon” un midtempo con voce pulita, cori soffusi, growl impetuoso, in un gioco di chiaroscuri che possiamo ritrovare, con sommo piacere, anche in “Amnesty”. “Stonefall” invece ha una prima parte lenta, le atmosfere si dilatano, ma poi lo screaming rialza il climax del brano. Con la successiva “Leaving Towards Spring”, una ballatona struggente, la voce ospite di J.J. (Harakiri for the Sky) porta le emozioni oltre le nuvole. Abbiamo un altro ospite dietro al microfono: in “Relikt”, altro midtempo – la band si trova a proprio agio su queste soluzioni – è Mario Klausner, ex-Pungent Stench, a colorare di buio le linee vocali, con la sua ugola abrasiva.
TAL è un gran bel disco per gli amanti delle sonorità decadenti, aggressive, emozionanti. Personalmente avrei snellito di un minuto ogni brano, probabilmente ne avrebbe guadagnato la fruizione dell’intero album, rimane ugualmente ben scritto e ben suonato. Promossi a pieni voti!
(Lifeforce Records, 2024)
1. Colossus
2. Rain
3. Äon
4. Relikt
5. Stonefall
6. Leaving Towards Spring
7. Amnesty
8. Storm of Light
9. Horizon