
I God of the Basement nascono a Londra nel 2016: Tommaso Tiranno alla voce ed Enrico Giannini alle chitarre e ai samples, gettano le basi della formazione che verrà completata, una volta tornati a Firenze, con gli ingressi di Rebecca Lena al basso e al comparto visual e Alessio Giusti alla batteria. Dopo un EP e due album cantanti in inglese, ecco che Whatever, Disco Breve rappresenta l’approdo alla lingua madre dei Nostri. Il sound, a grandi linee, rimane quello, ossia una riuscitissima commistione tra indie rock, drum and bass, hip hop, elettronica, dubstep, spore reggae, attitudine punk e una propensione alla ridondanza, con ritmi martellanti, ossessivi, circolari. Un sound magmatico che scalda il cuore, che smuove il corpo, anche quello più rigido e incline al livor mortis.
Il nuovo disco, dissacrante fin dal titolo, è asciutto di qualsiasi orpello, c’è solo grande musica racchiusa in poco meno di mezz’ora, il che porta a lunghe sessioni di ascolto compulsivo. Droga musicale di altissima qualità, nessun danno collaterale, nessuno strascico, solo sudore – per il ballo -, solo mal di collo – perché si scapoccia e pure tanto -, solo mal di gola – perché si canta, perché si urla – solo sorrisi stampati in faccia – perché in alcuni passaggi le liriche sono semplicemente strepitose poesie urbane che deflagrano in miliardi di pezzi. La voce di Tiranno è ai limiti del baritonale, dipinge di nero (quasi) ogni cosa. Le chitarre e i samples di Giannini sono precisi spilli voodoo, e quella cazzo di bambola siamo noi e grazie! Grazie! Per tutto questo dolore e piacere. La sezione ritmica Lena/Giusti è un viaggio lisergico tra sobbalzi quantici e precipizi verso lo spazio infinito, perché la musica dei God of the Basement è un caleidoscopio che non dà punti di riferimento. È musica che sa di viscerale, di umidità, di nero cosmico, di spiritualità incerta e vagabondaggi tachicardici. Un ascolto che spreme il fisico, che ci restituisce l’aspetto più primordiale, quello di scimmie che pestano ossa e bastoni, mentre il fuoco è semplicemente un sole che brucia e alla fine “chi se ne frega” e vada come vada.
Una band che non dimostra coraggio: non è loro intenzione farlo. Loro, titolo del disco come una pistola fumante, puntano al bersaglio grosso: fottersene di tutto e di tutti. Destabilizzano il giusto, sanno di nuovo nonostante un melting pot di generi codificati da grandi artisti, svelano l’arcano e, pensa un po’, dall’alto del monte indicano la via. Accompagnato da una meravigliosa copertina che si prende gioco della società moderna, Whatever, Disco Breve è uno dei migliori album di questo 2025.
(Stock-a Production, 2025)
1. Intro
2. Bivio
3. Serpe al Suolo
4. Delirio
5. Intervallo
6. Ogni Cosa ha già il suo Nome
7. Acqua alla Gola
8. Misera
9. Agata della Pietà


