L’odierna esponenziale espansione delle modalità espressive musicali che, qualunque forma adottino, trovano uno spazio, più o meno grande, ad accoglierle, rappresenta una tendenza indubbiamente positiva e che ribadisce quanto la contaminazione tra generi e sottogeneri, nonché l’affievolimento delle linee di demarcazione tra essi, dia alla luce prodotti talvolta d’avanguardia ma che soprattutto permettono a qualsiasi musicista che ne abbia la necessità di esprimere appieno le proprie esigenze artistiche.
Di tale esigenza espressiva si contraddistingue Holy the Abyss di Golden Heir Sun, ovvero il progetto solista di Matteo Baldi, già chitarrista nella band veronese post-metal WOWS. Tale nuovo percorso dell’artista veneto è iniziato, da un punto di vista d’uscita discografica, il 22 luglio 2019 con il singolo “The Deepest”, erigendo fin da subito le solide fondamenta su cui si basa la seconda iterazione della creatura drone/dark ambient che si manifesta in Holy the Abyss, uscito il 4 ottobre 2019 per le italiane Karma Conspirancy Records, Toten Schwan Records e La Speranza Records.
La sperimentazione in questa istanza vede, come coerentemente prevede il modus operandi odierno, la commistione non solo di generi e suggestioni, ma anche di arti, ponendo Matteo Baldi come mastermind del progetto, a capo dell’invenzione musicale, ed avvalendosi della collaborazione eccezionale di Giulia Chiarantini ed Elide Blind, al fine di realizzare un videoclip dalla grande carica espressiva che include anche danza e visual art. I 20:22 che costituiscono Holy the Abyss, sviluppato in un unica traccia, configurano l’opera nel formato dell’EP, che nonostante la durata non estensiva come ci si sarebbe potuto aspettare, racchiude in sé una quantità di contenuti tale da essere significativo tanto quanto un’uscita discografica di minutaggio più abbondante, e proprio nella relazione playing time/contenuti Holy the Abyss si accaparra uno dei maggiori meriti, ovvero quello di non essere né prolisso né banale, rischi ai quali una release di musica sperimentale drone/dark ambient è costantemente sottoposta, mentre, in questa seconda sua manifestazione, Golden Heir Sun riesce a far scorrere l’interezza del suo operato con naturalezza, riuscendo nell’arduo compito di rendere una proposta musicale di non facile ascolto quantomai fruibile e godibile, arrivando alla fine del disco in un attimo, dunque facendo desiderare a gli utenti più avidi altro ancora da ascoltare. Esigenza probabilmente avvertita da La Speranza Records, che ha prodotto in una run limitatissima, una tape cassette di Holy the Abyss contenente, di fatti, l’intera discografia della one-man band, includendo “The Deepest” nel B-Side della suddetta. Tra le due release si avverte un volere continuativo, come se facessero entrambe parte di un unico grande concept, e tra le due si nota soprattutto un avanzamento artistico non indifferente, difatti il discorso puramente drone sperimentale ed elettronico della prima release viene qui ripreso in maniera più matura e rielaborato brillantemente, attribuendo ad esso un carattere più marcato di sound landscape, aggiungendo oltretutto elementi inediti come vocals ed un carattere (non convenzionalmente) post-metal inevitabile per l’artista, il cui inserimento in Holy the Abyss ha fornito a tale opus un carattere ancor più distintivo e personale, risultando in una commistione naturale e di gran gusto. Difatti in questa istanza si sente il carattere già espresso da Matteo Baldi negli WOWS, che stavolta però veste il ruolo di nota stilistica supplementare ad impreziosire i più ampi stilemi ripresi dalla lezione dei Nadja ma soprattutto dalle prime opere degli Earth, attingendo a piene mani dalle suggestioni di Dylan Carlson, senza mai però risultare subordinato nello stile, piuttosto reinterpretando brillantemente gli stilemi dei gradi nomi appartenenti al panorama in cui Golden Heir Sun si inserisce, con la cognizione di causa di chi ha una reale necessità espressiva.
Pur nella sua natura continuativa, riprendendo il discorso di “The Deepest”, la seconda uscita discografica del solo project di Matteo Baldi, tirando le somme, rappresenta dunque un sostanzioso passo avanti fatto dall’artista, oltretutto sapendosi circondare da delle collaborazioni che sono riuscite a magnificare le intenzioni riportate in Holy the Abyss, puntando quindi all’opera d’arte totale, ovvero la commistione di arti di una gesamtkunstwerk dei giorni nostri, comunque senza presunzione ed eseguendo con cura e cautela un passo dopo l’altro, facendo denotare l’attenzione ai particolari che contraddistinguono solo le migliori produzioni, specialmente se correlate ad un panorama che spesso rischia di essere simile a se stesso infinite volte. Holy the Abyss è dunque concettualmente un appello di ricongiunzione con una natura umana primordiale, rappresentando un malinconico spiraglio di luce in un mondo adulterato. Concretamente vuole essere un compendio dei migliori aspetti della sperimentazione di Matteo Baldi nell’ambito drone/dark ambient minimalista, manifestandosi in una traccia che nei suoi 20:22 minuti risulta concisa e ricca di contenuti, a tal punto che non sarebbe aver sviluppato un opera che si avventura oltre la durata dell’EP, specialmente non sarebbe difficile immaginare un successivo full length con la medesima, se non ulteriore, qualità di contenuti. Nondimeno Holy the Abyss è una tappa importante nel percorso di Golden Heir Sun, vedendo esso la luce in un momento di imprescindibile esigenza artistica ed espressiva del musicista, necessità brillantemente trasposta in musica, accompagnata altrettanto brillantemente da immagini e danza, mescendo così un ciclo di arti volte ad un fine comune riflessivo, introspettivo e di pura espressione artistica.
(Karma Conspirancy Records, Toten Schwan Records e La Speranza Records, 2019)
1. Holy The Abyss