Prima giornata di Venezia Hardcore Fest 2024, e mentre il Centro Sociale Rivolta di Marghera (VE) inizia a prendere vita, con l’atmosfera che si fa movimentata e i primi gruppi iniziano a suonare, riusciamo a fare una chiacchierata con Nicola Manzan, fondatore del progetto Bologna Violenta. Prima di assistere a un live unico e dalle svariate connotazioni, dal surreale all’ipnotico, senza dimenticare un po’ di sana goliardia, abbiamo approfondito tutto ciò che riguarda il progetto, partendo dalle sue origini fino ad arrivare ai tempi recenti.
Ciao! Grazie per la disponibilità e benvenuti su Grind on the Road. Siamo in un contesto speciale come il Venezia Hardcore, come ti senti? È un concerto che aspettavi da molto tempo?
Conosco Samall, che è l’organizzatore, da prima del Venezia Hardcore, da quando ha messo su l’evento gli ho sempre detto “quando vuoi, noi ci siamo”, e quest’anno ci ha chiamati, finalmente (ride). Siamo davvero contenti di esserci, sono anche molto affezionato al Rivolta essendo un posto che ho frequentato abbastanza negli anni, per dirti ho suonato in tutte le sue stanze già dagli anni Novanta.
Inizio facendoti una domanda proprio sulla questione dei concerti, dato che la vostra musica è particolare, d’avanguardia e coinvolge tanti strumenti, ma voi siete soltanto in due. C’è difficoltà nel preparare i pezzi per i live? Li riarrangiate in qualche modo?
Alla fine il trucco è fare una specie di karaoke, nel senso che quello che senti dal vivo è quello che senti nel disco, tranne le chitarre che dal vivo non le suono così bene, mentre Alessandro è molto preciso. Tutto il resto lo mettiamo in base, di solito i nostri brani sono composti da batteria e chitarra suonate, il basso ogni tanto realizzato con synth ogni tanto suonato, anche da Alessandro, e dal vivo lo mettiamo in base insieme ad altri strumenti, che possono essere quartetti d’archi, dei sintetizzatori o altro.
L’idea originale di Bologna Violenta era quella di uscire con un set che si potesse suonare anche nel salotto di casa tua, attaccandosi allo stereo con la line in.
Anche perché altrimenti con tutti gli strumenti che usate in alcuni lavori avreste avuto bisogno di un’orchestra.
(ride) sì, ed effettivamente chi ne ha voglia, oltre a quanto costerebbe per ogni concerto non sarebbe nemmeno quello il senso del progetto, non puntiamo a far vedere quanto siamo bravi a suonare.
Parlando invece dell’origine del progetto: te sei diplomato in violino, hai collaborato e continui a farlo con musicisti di ogni tipo, come ti è venuta l’idea di fare musica non solo d’avanguardia ma anche molto estrema e così di nicchia?
A me è sempre piaciuta la musica molto estrema proprio perché è il contrario della classica: quando ho scoperto che il simbolo del grindcore sono le due crome con il divieto la cosa mi ha divertito e ho pensato “a me piace ciò che è contrario a tutto ciò che faccio nella vita”. Lì ho capito che mi sarei potuto dedicare a certe sonorità. Quando ho fatto il primo disco avevo appena avuto una delusione amorosa con una band e con una major, era andato tutto a puttane e ho pensato di fare un lavoro per conto mio, lavoravo in autogrill a Bologna e mi ero fatto un disco come volevo io (che è il primo album) da ascoltare mentre andavo al lavoro alle quattro e mezza del mattino. Disco che ho fatto, tra l’altro, mentre ci tornavo dal lavoro: mi mettevo in studio strafatto di caffè ed è nato così il primo disco di Bologna Violenta.
Nel corso del tempo come si è evoluto il progetto dal punto di vista compositivo? Anche considerando i vari strumenti che utilizzi, dato che hai pubblicato sia dischi con un assetto “tipico” che altri in cui in primo piano ci sono organo, violino e altro ancora. Hai sicuramente una discografia molto eterogenea.
È una questione molto semplice in fin dei conti, noi non abbiamo una casa discografica che ci dice cosa fare, e la nostra idea è quella di fare un percorso, provando nel mentre a cambiare. Magari si sbaglia, ma in quel momento era ciò che ci andava di fare, alla fine stiamo facendo un disco, non è che stiamo cambiando le sorti del mondo.
La band è nata come tuo progetto solista, finché hai allargato la formazione ed è entrato Alessandro Vagnoni come batterista. Da dov’è nata questa volontà e come ti sei adattato nella composizione? Chiaramente un conto è programmare le batterie per conto proprio e un altro è approcciarsi direttamente con un batterista.
I pezzi di Bologna Violenta nascono al 98% dalla batteria. Che sia programmata, suonata, scritta da me o meno, è sempre partito tutto dalla batteria perché è uno strumento che non so suonare così bene. Ho sempre cercato di fare una batteria che avesse un senso musicale, non essendo uno strumento melodico, e a un certo punto ho sentito la necessità che ci fosse qualcun altro più esperto in materia che facesse le batterie, lui mi ha corteggiato per vari anni, alla fine mi ha convinto, prima di tutto a livello umano ma soprattutto a livello tecnico. A quel punto, ha iniziato Alessandro a mandarmi le batterie, che sono le fondamenta da cui nascono tutti i pezzi dal 2015 a oggi. Considera che io di solito non taglio mai niente di quel che mi manda lui. Di base era la cosa che più faceva al caso del progetto, dato che come dicevo prima per me è importante che ci sia uno sviluppo, vorrei essere ma non voglio essere gli AC/DC o comunque quel cliché lì. Quel che facciamo adesso è il Bologna Violenta “di una volta”, quindi anche noi facciamo un po’ di AC/DC, però sticazzi. (ride)
Altro aspetto a dir poco importante della tua musica riguarda le tematiche trattate, argomenti che hanno una certa identità nei tuoi lavori. È nata prima l’idea di trattare certi argomenti che riguardano storia e attualità nelle sue connotazioni più scabrose e oscure, e da lì è nata la musica, oppure è nata prima la musica e pensando agli argomenti di cui trattare sono venuti naturali questi temi?
È un po’ un mix delle cose. Io ho visto il film Mondo Cane, e da lì ho cercato di approfondire i mondo movies prima ancora di iniziare con Bologna Violenta. Da lì, però, mi sono detto “voglio fare un disco come quel film”, e mi è rimasta l’idea in testa. Poi ho fatto Bologna Violenta con i poliziotteschi, seguendo quel filone lì, e la naturale conseguenza per me era mettere in musica Mondo Cane, da cui Il nuovissimo mondo. Nuovissimo mondo che tra l’altro è l’Australia, con storie incredibili sotto tutti i punti di vista, e diversi brani li ho registrati proprio in Australia, dato che ero lì a cazzeggiare (ride), ho fatto praticamente “Il Trionfo della morte” a Melbourne. Trattare questi argomenti vuole avere un’interpretazione per riderci sopra, anche se comunque facciamo riflettere.
Considerando le tue esperienze al di fuori di Bologna Violenta che sono davvero tante, com’è gestirle? Quante influenze ti porti anche da esperienze che riguardano altri generi? E ti capita di trovarti in difficoltà avendo a che fare con tutte queste collaborazioni?
Sicuramente la gestione del calendario non è semplice: la cosa più semplice a un certo punto è suonare, puoi suonare dal reggae al grindcore, studiare Vivaldi piuttosto di Mozart, però alla fine il tutto si mette insieme, come per Alessandro che a sua volta fa un sacco di cose per conto suo. Tra l’altro lui ha una mente incredibile, io non mi ricordo mai nulla, lui invece si ricorda ogni pezzo, ha un canale YouTube pieno di cover e la sua mente ragiona come un foglio Excel con nomi, cognomi e numeri di telefono. Alla fine è più una questione di gestione del calendario con le relative deadline, ormai siamo anche anziani e ce la gestiamo. È comunque stimolante affrontare generi diversi, entrare nella testa degli altri pur ragionando a modo tuo, il tutto è una sorta di compenetrazione di idee musicali.
Inizialmente volevo farti questa domanda parlando di un evento storico, ma avendo parlato dell’influenza cinematografica va bene anche un film, che descriva pienamente l’anima di Bologna Violenta, cosa mi diresti?
Dipende tanto in base al lavoro, poi come ti ho già detto c’è sicuramente Mondo Cane, ma anche Cannibal Holocaust e Cannibal Ferox, tutta quella merda del filone/mondo cannibal. Però cito anche altri due titoli, a uno sono molto legato ed è Il bello, il brutto, il cretino, con Franco e Ciccio, che è un western da paura, e l’altro è casualmente con Franco Franchi e Ciccio Ingrassia ed è Franco, Ciccio e il pirata Barbanera, di cui dopo metteremo anche su la sigla, prima del concerto.
Negli ultimi anni non hai pubblicato molto materiale come Bologna Violenta, ma sono usciti due album del tuo progetto solista. Quanto c’è di Bologna Violenta in quei due dischi? Per quanto mi riguarda certe atmosfere sono affini, anche se i due progetti hanno identità distinte.
Tra l’altro ho fatto due dischi molto diversi tra loro, Bologna Violenta è un po’ la mia idea della musica di questo tipo qua. Essendo sempre io, se devo fare qualcosa di diverso e più leggero, ovviamente sfrutto soluzioni armoniche e ritmiche che sono sempre ricorrenti nella mia testa. Si tratta di ambiti sonori molto diversi, però ci son comunque brani che sembrano pezzi di Bologna Violenta rallentati e fatti coi synth, per dirti. Sono mondi sonori diversi e concept diversi, però alla fine sono sempre io.
Per concludere ti faccio una domanda legata al tuo ultimo singolo pubblicato, “Tuk-tuk Extravaganza”, che ha questi elementi che vengono dall’India. Questa caratteristica di esplorare nuovi territori possiamo aspettarcela in futuro?
Secondo me ci si può aspettare qualsiasi cosa, compresa questa, anzi, noi stiamo facendo il nuovo album e ci sono proprio varie cose prese da vari mondi. Ogni tanto questi aspetti sono molto divertenti perché non c’è nemmeno bisogno di fare dei cut-up per far dire delle cose atroci che negli anni Sessanta, per esempio, erano viste in modo completamente diverso. Però, come ti dicevo, ci si può aspettare qualsiasi cosa, l’ultimo singolo è nato in un periodo in cui su Instagram vedevo continuamente questi video con un audio estratto da un film indiano, ne ero ossessionato e ci ho fatto un pezzo. Abbiamo fatto il video che contiene cinquecento clip che ho salvato, ma ne ho viste molte di più. Tra l’altro, mi son fatto tradurre il significato da un ristorante indiano a Treviso e si sono messi tutti a ridere, quando è una cosa che non fa assolutamente ridere. Insomma, per quanto riguarda il futuro: vedremo.