Tra le varie cose, il Venezia Hardcore si conferma ogni anno come un trampolino di lancio per un gran numero di giovani realtà locali, che possono sfruttare il palco del festival veneto per farsi conoscere anche a chi non è costantemente al corrente delle nuove uscite in ambito hardcore e affini. Uno di questi gruppi, nella recente edizione, sono stati i Bowie, band friulana che con il proprio metallic hardcore granitico ha infiammato le prime ore della seconda giornata del festival. La sera prima, tra un concerto e l’altro, abbiamo fatto una chiacchierata con loro, approfondendo tutto ciò che c’è dietro quest’interessante realtà. Buona lettura!
Ciao ragazzi! Intanto benvenuti su Grind on the Road. Il contesto è a dir poco speciale qui al Venezia Hardcore, specialmente per una band giovane voi immagino che sia una sensazione particolare. Anche se suonate domani, quindi magari l’ebbrezza pre concerto non c’è ancora, però come vi sentite?
Mauro (chitarra): L’ebbrezza fidati che c’è già, sempre di più, già da settimana scorsa quando ci pensavamo. Magari io davo l’idea di avere un approccio come se fosse un concerto come tanti altri, però ora sta arrivando, l’agitazione si fa sentire. Anche perchè arrivi, vedi il palco, ci sono Oltrezona e Complain che spaccano… domani tocca a noi su quel palco, vedremo.
Francesco (basso): Ci vantiamo sempre di dare il 100% su qualsiasi palco, se domani non dovesse accadere sarebbe molto deludente, un motivo per scioglierci.
La cosa bella di questo festival è che vengono chiamate band nuove ed emergenti come voi, e proprio per questo è possibile che alcuni nostri lettori non vi conoscano, per cui vi faccio una domanda mega generica di presentazione. Chi sono i Bowie? Da dove nascono? Vi conoscevate già da prima e c’è stata fin da subito l’idea di fare questo hardcore molto aggressivo?
Francesco: Ciò che suoniamo credo si possa definire come metallic hardcore, la nicchia più adatta per descriverci. Veniamo tutti dal metal e ci conosciamo da almeno dieci anni in varie formazioni. Questa è la prima in cui tutti e quattro suoniamo assieme, ma abbiamo sempre suonato alle stesse serate praticamente, veniamo da Udine, in Friuli, dove suonare è difficile e stiamo cercando di ricreare serate e contesti con un collettivo chiamato New Udine Hardcore, di cui c’è anche Lorenzo/Calo qui, e ci teniamo a citarlo. Abbiamo sempre suonato metal con un occhio all’hardcore, che ci è sempre piaciuto, metalcore, deathcore e varie. Poi, due anni fa intorno a questo periodo è nato tutto da Mauro, che aveva comprato una chitarra e stava cercando una scusa per suonarla.
Mauro: Questa è la prima volta che lo diciamo ufficialmente, i Bowie sono nati con me, che avevo visto l’unico modello baritono dell’Harley Benton che si trova su Thomann e mi son detto “vorrei comprarla, ma non vorrei farlo senza poi usarla”. Nelle altre band suonavo una otto corde, quindi non avrei avuto modo di usarla, e da lì ho chiesto su Instagram se qualcuno volesse fare un gruppo. Roberto mi ha scritto proponendosi di suonare la batteria. Mattia mi ha detto che avrebbe potuto cantare.
Mattia (voce): Sì, ti ho detto che ne avrei fatto parte ma non volevo suonare la chitarra, quindi o mi avresti fatto suonare il basso o avrei potuto provare a cantare. Ci siamo detti che un bassista l’avremmo trovato, quindi ho iniziato a cantare.
Mauro: Il bassista l’abbiamo trovato letteralmente obbligando il buon Francesco, che seriamente non l’aveva mai suonato, ma il punto principale era essere tra amici all’interno della band. Nonostante sia partito tutto in modo abbastanza stupido, possiamo dirlo, credo fosse una necessità per tutti quanti.
Mattia: Esatto, avevamo delle band un po’ ferme e stagnanti, avevamo bisogno di aria fresca.
Mauro: Siamo partiti da un’idea molto semplice, quella di prendere i suoni di chitarra degli End, con tutta l’attitudine caotica, e buttarci in mezzo i breakdown in stile Sunami. Questo è stato il nostro primo EP: scritto con questa idea in mente. Poi naturalmente le cose si sono evolute, qualche idea ha prevalso su quell’altra, ma è tutto nato in questo modo. L’unica motivazione per cui siamo così appassionati è perchè ci piace, così come adoriamo condividere il palco assieme, ed è la cosa principale che ci piace fare.
Hai detto che è tutto nato due anni fa, nel 2023, e già il primo EP Kindness è uscito quell’anno, quindi le cose si sono evolute davvero in poco tempo.
Mattia: L’EP l’abbiamo scritto la settimana dopo in cui abbiamo deciso di fare la band.
Mauro: Io ho questa cosa, e non la dico per vantarmi perchè potrebbe essere anche un problema (risate), per cui quando mi viene dato il via libera per scrivere dei pezzi, io non rispondo più a nessuno e ti preparo un EP in una settimana. Kindness era pronto già a giugno dello stesso anno, mentre a maggio avevamo deciso di formare il gruppo, ed è nato proprio come realizzazione dell’idea iniziale. Questa cosa può essere sia positiva che negativa, magari in un mese scriviamo sei canzoni, ma poi vanno imparate, registrate e quant’altro…
Chiaro, quindi questo EP è nato molto istintivamente così com’è istintivo il vostro approccio alla musica, e suppongo sia stata la stessa cosa per l’album?
Mauro: Il disco, God Escaped to the Great Outdoors, è nato un po’ a scaglioni, di base è una sorta di compilation, con qualche aggiunta, delle canzoni che abbiamo fatto uscire nel 2024. Tutte quelle canzoni sono nate individualmente. A livello concettuale abbiamo anche voluto dare al disco anche un’identità territoriale. La copertina e le tematiche generiche sono legate al disastro del Vajont, e ci teniamo a darci questa identità.
Le canzoni in sè sono nate individualmente, e ci piace prenderle come singoli individui, farci una statuetta e non per forza basarle sulle altre. Il problema è che ne scriviamo fin troppe, quindi dobbiamo fare una selezione, capire quali sono degne di essere selezionate, ne abbiamo un sacco che abbiamo buttato, probabilmente tre o quattro EP virtualmente pronti, ma preferiamo che le idee siano più genuine possibile.
Hai citato le tematiche relative anche al disastro del Vajont, e volevo soffermarmi sull’oscurità che fa parte della vostra musica. Sì, è cattiva, monolitica e tutto, ma anche vedendo gli artwork percepisco una ricerca oscura, criptica, che mi fa pensare che ci sia qualcosa di ulteriore a livello tematico e di istinto di dire le cose.
Mauro: Per quanto riguarda l’artwork l’ho fatto io, mentre per i testi parlerà Francesco che li ha scritti lui. Tra l’altro lui canta e scrive testi anche negli Ashen Hands, un saluto a loro e a Will. Riguardo alla copertina, volevamo concretizzare in un qualche modo il titolo del disco, God Escaped to the Great Outdoors.
Francesco: Tra l’altro, piccola parentesi, il titolo è un richiamo a una bestemmia in friulano, il cui significato sarebbe “dio scappato nell’orto”, che abbiamo reso un po’ più appetibile.
Mauro: Io volevo chiamare l’album soltanto The Great Outdoors, che è un film degli anni ‘80 con John Candy che consiglio vivamente, e quindi abbiamo fatto l’unione di queste idee. Tra l’altro è anche un po’ il modo in cui approcciamo le canzoni: abbiamo testi più profondi con titoli che sono idiozie totali. I titoli solitamente sono pensati da Mattia, mentre i testi come accennavo sono opera di Francesco.
Francesco: In realtà è un lavoro di tutta la band, essendo così tanto assieme da molti anni. I temi su cui ci ritroviamo li conosciamo, e abbiamo passato così tanto tempo assieme venendo anche da zone molto simili tra di loro, vedendo tutte le cose belle e quelle negative del Friuli. Diciamo che i Bowie sono il punto in cui vogliamo buttare fuori quelle cose negative. è difficile organizzare e partecipare a serate, così come avere a che fare con le persone, che spesso dicono di no e non capiscono non solo le questioni inerenti ai concerti, ma anche la voglia dei ragazzi di creare cose del genere. Tutta questa negatività legata alle risposte negative che riceviamo è ciò che buttiamo fuori con i Bowie, ogni canzone, dall’EP fino a tutto ciò che stiamo scrivendo è una risposta a tutto questo. Ci sono anche cose come dropshipping, persone che a Dubai vendono corsi a ragazzini e che purtroppo abbiamo conosciuto fin troppo bene, canzoni contro il tipo di chiusura religiosa che c’è in Friuli che talvolta è veramente brutta e claustrofobica. Arriviamo infine a testi più personali che descrivono bene ciò che vuol dire avere a che fare con una cultura abbastanza chiusa. Fortunatamente ci sono anche ragazzi (tra cui Calo qui presente) che hanno voglia di ricreare quel che si è perso nel tempo e con cui speriamo di portare avanti non solo i Bowie ma di ricreare qualcosa in Friuli.
Ruota quindi tutto attorno a un’intenzione di sfogare tutto ciò che non vi va bene…
Mauro: Esattamente, anche pensando all’artwork del disco, che raffigura questo prete nel mezzo del disastro del Vajont non è lasciato al caso. Volevamo che fosse coerente col titolo e con le tematiche, specialmente di un pezzo, “Guiron”, che abbiamo fatto con Andrea degli Slug Gore, che parla appunto di quanto effettivamente Dio certe cose permette che accadano. Non a caso questo prete è circondato non da fiorellini ma da coltelli, ovviamente con l’immaginario del coltello bowie.
C’è l’immaginario, più astratto, così come c’è l’impatto, più concreto. Anche considerando quel che avete detto sulla scena friulana e i concerti dal vivo, quando scrivete i pezzi quanto ve li immaginate anche in ottica live?
Mauro: Solo in ottica dal vivo. L’ultimo singolo che abbiamo fatto uscire, per dirti, l’ho scritto una sera immaginandomi sul palco del Venezia Hardcore e pensando “questo breakdown devo scriverlo così la gente si menerà ascoltandolo al Venezia Hardcore.” Di base tutti i pezzi che abbiamo fatto uscire sono nati con quest’ottica, c’era un concerto e volevamo fare qualcosa di specifico per quello. Le registrazioni comunque rendono, e per questo ringraziamo Jei Doublerice dei Despite Exile che ci ha permesso di elevare il nostro sound a livelli che non potevamo neanche immaginare. L’EP è autoprodotto e si sente, ci ho lavorato io e non è il meglio a livello di sonorità, mentre con Jei abbiamo fatto la svolta. Nonostante questo, live è dove cerchiamo di esprimere al meglio l’impatto, e tendenzialmente più suona male meglio è.
Francesco: Abbiamo avuto diversi feedback del tipo “ragazzi, sul palco non si capiva niente”, ed è giusto così, quello è l’intento.
Ragazzi vi auguro buona fortuna per domani e vi ringrazio per la chiacchierata. A questo punto, per chiudere, vi chiedo: avete così tante idee da parte, praticamente la discografia già pronta… avete dei piani precisi o vivete molto al momento?
Mauro: Viviamo molto al momento, però possiamo dire che abbiamo un pezzo in uscita nel prossimo mese (ndr: il brano “Discount Todd Jones” nel mentre è uscito), il cui titolo è un riferimento al cantante dei Nails.