Apparsi nel 2015 i The Devils si sono subito rivelati con il loro garage rock grezzo ed aggressivo come una delle realtà più interessanti del panorama underground italiano. In occasione del secondo album dal titolo Iron Butt ci hanno gentilmente accordato questa intervista.
I The Devils sono attivi dal 2015, ma avete già un palmares di due album ed entrambi registrati con un etichetta garage rock di riferimento come la Voodoo Rhythm Records. Vi aspettavate un’ascesa così folgorante? Secondo voi cosa ha funzionato di più fino a questo momento nel vostro progetto musicale?
Più che un’ascesa è stata una discesa agli inferi. Crediamo che la band funzioni perché siamo due lupi solitari, non facciamo parte di una scena musicale e tendiamo a isolarci dal resto del mondo. Ci aiuta a concentrarci sulla nostra musica anche se andare per la propria strada significa contare sempre e solo sulle proprie forze, di sicuro è più faticoso raggiungere degli obiettivi ma in questo modo abbiamo trovato la nostra dimensione.
Siete entrambi originari di una regione, la Campania, che ha una tradizione musicale più melodica che garage rock; ciò ha rappresentato un ostacolo, soprattutto agli inizi?
Per quanto possa sembrare strano non ha rappresentato alcun ostacolo essere napoletani e fare rock‘n’roll, abbiamo avuto la fortuna di suonare un po’ ovunque sia all’estero che in Italia e abbiamo suonato anche in Campania fin dall’inizio.
Quando avete capito che il progetto The Devils poteva evolvere da un tentativo-esperimento verso una dimensione più professionale?
Da subito abbiamo avuto le idee molto chiare, non ci interessava suonare solo nei weekend come fosse un hobby, abbiamo abbandonato tutto il resto compresi lavoro e amici e ci siamo chiusi in sala prove tutti i dannati giorni dedicandoci completamente solo alla musica. Le nostre vite ci sembravano abbastanza noiose, non ci piacevamo, cosi abbiamo creato i Devils.
Il fatto di aver sposato la vostra musica con un’immagine decisamente provocatoria (durante i concerti Erika si veste da monaca mentre Gianni indossa la tenuta da prete) lo considerate come un annesso scenografico o come una scelta irrinunciabile?
È tutta colpa dell’educazione cattolica che ci ha reso due menti inquiete e perverse, ma in verità ti diciamo che le vesti da prete maniaco e da suora killer sono vere, sono i nostri attuali impegni lavorativi, poi se la santa sede deciderà di promuoverci a cariche più importanti allora cambieremo outfit. Anche se qualcuno potrebbe pensare che siamo una parodia e le vesti sono uno scherzo si sbaglia di grosso, in realtà siamo molto seri riguardo la nostra musica.
Dopo il successo degli americani White Stripes anche in Europa sono emersi gruppi, come i francesi Inspector Cluzo e gli austriaci White Miles, che hanno proposto la stessa formula musicale (chitarra e batteria) del duo di Detroit. Vi sentite anche voi in un certo senso un effetto di tale tendenza?
No nessuna tendenza, abbiamo in comune l’amore per le sonorità primitive ed essenziali, quindi due strumenti sono pure troppi a volte, e poi il cachet sembra più alto!
Avete suonato un po’ dappertutto in Europa negli ultimi due anni. Quale pubblico secondo voi ha reagito e capito meglio le sonorità dei Devils?
Pensiamo di aver fatto breccia nei cuori di molti freaks come noi, un po’ ovunque. Di sicuro ci diverte di più suonare davanti a un pubblico selvaggio.
Tra Sin You Sinners e Iron Butt cos’è cambiato nel vostro modo di suonare? Il secondo, per esempio, appare più diretto, graffiante e se vogliamo incazzato rispetto al precedente. Lo confermate o è solo un’impressione?
Verissimo, siamo più incazzati di prima. Ci ha aiutato molto il tour da supporto ai Monsters per il loro trentesimo anniversario. Per noi i Monsters sono la live band più potente dell’universo. Con i loro devastanti concerti ci hanno trasmesso tanta energia che abbiamo riversato poi nel nuovo disco. Suonando molto proviamo a migliorarci, ma tendenzialmente siamo fedeli a noi stessi, non diventeremo mai dei virtuosi non ci attizza vomitare milioni di note al secondo.
Si dice sempre che suonare un certo tipo di rock in Italia sia una scommessa persa, eppure voi confermate il contrario. Cosa demotiva secondo voi i musicisti nostrani di talento che in altri luoghi e situazioni avrebbero maggior fortuna?
Non sappiamo dirti, forse li demotiva il matrimonio, il lavoro, i figli, la famiglia. Pensiamo sia una questione di priorità più che di nazionalità.
Se oggi vi chiedessero di definire con una parola la musica dei The Devils come la qualifichereste?
Munnezza.
Salutate i nostri lettori come meglio credete.
Non abbiate pietà di noi.