Ho avuto il piacere di scoprire i Grumo con il loro nuovo disco, un ritorno dopo tanti anni di silenzio. Un album, questo Sons Of Disgust, che si è rivelato un ottimo comeback: granitico, violento, non fa sconti, non fa prigionieri. Ne ho parlato qui ed ora ho il piacere di fare due chiacchiere con Riki, l’ugola al veleno della band.
Ciao Riki, ben arrivato sulle pagine di Grind On The Road. Partiamo subito dal vostro ritorno discografico dopo dieci anni. Dove siete stati e cosa avete combinato?
Ciao Andrea e grazie mille per l’ospitalità su Grind On The Road, un vero punto di riferimento per chi come noi vive musica orribile. In questi dieci anni abbiamo fatto quello che ci piace fare e senza il quale saremmo già finiti ai matti, cioè suonare, soprattutto live. Abbiamo fatto uscire uno split EP nel 2017 con i Death On/Off (link Spotify) e sempre quell’anno un tour europeo tra Italia, Svizzera, Francia, Spagna e Portogallo. Nel 2018/2019 abbiamo cominciato la composizione dei brani nuovi e suonato parecchio, poi è arrivato il Covid di merda e ci siamo un po’ fermati, com’è normale che fosse visto che non viviamo manco nella stessa città. Nel 2022 siamo lentamente tornati in pista e sempre suonando in giro e a suon di calci nei denti abbiamo concluso – con le nostre famigerate tempistiche di bradipi – il disco, andando in studio tra il 2023 e il 2024. Tra l’altro in tutto questo sono molto felice che nel ventennale della band (sì lo so sembriamo ciovani ehehe ma ci siamo formati nel lontano 2004) siamo riusciti a suonare nei peggiori festival nostrani tra Molto Male Fest, Venezia Hardcore, Distruggi La Bassa… è andata molto bene. Quindi niente mettici aspettare l’artwork, concludere con l’etichetta, le infinite tempistiche di stampa siamo arrivati veloci veloci a marzo 2025 ma diocane finalmente ce l’abbiamo fatta. Il risultato è Sons Of Disgust, che rappresenta bene questi anni di fermento sotterraneo.
Il disco è sostanzialmente una raccolta di brani scritti durante questi anni. Come avete gestito la naturale evoluzione, personale e artistica, in questo lasso di tempo?
Non abbiamo mai forzato nulla. I pezzi sono nati spontaneamente, in periodi diversi, e riflettono i momenti vissuti da ciascuno di noi. La nostra evoluzione personale si sente nelle strutture più solide, nei riff più pesanti e anche nel modo di scrivere testi. Non c’è stata una direzione pianificata, ma quando abbiamo visto che i pezzi cominciavano ad avere un filo rosso comune, ci siamo detti: “Ok ora è il momento”. È un disco figlio del tempo che ci ha macinati, ma ci ha anche tenuto incollati all’essere fondamentalmente dei figli della merda. Grumo è anzitutto una banda di amici che nonostante gli anni e i vaffanculo che ci siamo tirati davanti e di dietro è riuscita a trovare un suo spazio sicuro.
L’abbandono dell’italiano nel cantato da cosa è scaturito?
Hai idea di quanto sia difficile scrivere un testo in italiano??? Hahaha. Gag a parte è stata una scelta naturale, dettata dalla voglia di comunicare con più persone possibile, soprattutto fuori dall’Italia. Abbiamo sempre amato l’impatto dell’italiano, ma questa volta ci sembrava che l’inglese si incastrasse meglio coi suoni e con l’urgenza espressiva del disco. Poi va detto che, nonostante il cambio linguistico, l’attitudine rimane la stessa: sputare fuori disagio e frustrazione senza mezzi termini. L’italiano tornerà, chissà, magari in un EP grind da 7 minuti per 20 pezzi.
Passano gli anni ma la vostra rabbia, mi riferisco ai testi delle canzoni, rimane immutata. Cosa ne pensate di tutto ciò che ci circonda?
La verità è che, nonostante il tempo che passa, i problemi rimangono. Cambiano le facce, cambiano i mezzi – adesso tutto è più digitale, più rapido, più alienante – ma il peso sulle spalle è lo stesso, se non più pesante. Siamo cresciuti dentro un sistema che ti stritola e ora vediamo le nuove generazioni affrontare lo stesso muro, con una lucidità e una consapevolezza che ci colpisce. Molti ragazzi e ragazze, per fortuna tanti, si rivedono nei nostri testi, nel nostro modo di sputare fuori frustrazione e disagio, e questo è qualcosa che ci dà forza. Sons Of Disgust è anche per loro. La rabbia è quella di chi non si arrende, di chi cerca un appiglio tra macerie emotive e sociali. In fondo, è un passaggio di testimone: siamo tutti parte di un’urgenza collettiva che non ha mai smesso di gridare. Abbiamo ancora troppe cose per cui incazzarci. Viviamo in un sistema che ci vuole isolati, produttivi e in colpa. I testi parlano di alienazione, di lotta interiore, di non sentirsi mai abbastanza. La nostra rabbia ha cambiato forma, ma è ancora lì: meno adolescenziale, più consapevole. Il nostro è un urlo contro l’omologazione e l’annichilimento emotivo che il capitalismo ci impone ogni giorno. Non vogliamo fare prediche, ma far sapere che non siamo soli a sentirci così. Lo gridiamo ai nostri concerti, fatevi coraggio il mondo è vostro, la situazione è eccellente, Grumo è con voi. È una dichiarazione d’amore a chi si sente a disagio e non si accontenta di riconoscerlo.
Ho trovato il nuovo disco più declinato verso il death metal. Di grindcore c’è poco, viene ben dosato e non guasta mai. Come funziona la scrittura in seno alla band?
Come ti permetti di dire che c’è poco grindcore??!! Haha. Sì forse un pelino meno di caos e più sollevamento ghisa, ci sta. La scrittura l’abbiamo fatta un po’ a distanza, complice il momento e il vivere in città diverse, poi abbiamo affinato la cosa in studio. E in fin dei conti hai colto nel segno. Volevamo fare un disco deathgrind diretto, con radici nei ’90 – Napalm Death, Suffocation, primi Misery Index – ma senza scimmiottare nessuno. Tutto è filtrato da un’idea comune: dev’essere brutale, sincero e suonare bene dal vivo. Se non ti fa venir voglia di pogare o spaccare qualcosa, non entra nel disco. E soprattutto: death to piru-piru!!! (Nota: i piru-piru sono gli assoli).
Avete diviso il palco con i Distruzione, il cantante è ospite in un brano. Come vedi la scena estrema italiana?
La scena estrema italiana è viva, nonostante le difficoltà. Ci sono meno spazi, zero supporto istituzionale (e va benissimo così) ma c’è ancora tanta gente che resiste, che organizza, che ci crede. Collaborare con Devid dei Distruzione è stato un onore: è un simbolo di coerenza, un fratello. È bello vedere che certe connessioni non muoiono mai. La scena è fatta di gente vera, che lavora sodo per portare avanti l’underground. Noi ci siamo sempre stati e ci saremo finché ci sarà un palco da calpestare e un impianto da saturare. Una cosa che abbiamo notato in positivo dopo l’oscuro periodo del Covid è che molti giovani si sono avvicinati al nostro ambiente e sono nate tante band estremamente valide (vedi Slug Gore, Vomitum Comedentis, Apoptosi, Feral Forms…) mentre altre con più anni sulle spalle sono riuscite a suonare molto bene e lontano da casa (vedi Fulci, Hideous Divinity, Hierophant, Repulsione, Guineapig…) quindi sì direi che il culto è vivo.
Mi hai detto che non vivete nella stessa città e quindi com’è comporre “a distanza”? Mi sembra che non appiccicate le parti singole, perché il risultato finale denota una grande unione.
Sì beh detta come te l’ho detta io sembra che viviamo uno in Cambogia, l’altro boh a New York, haha ma in realtà viviamo banalmente tra provincia di Modena e Bologna, tant’è che la nostra casa-base sta a Vignola, ridente cittadina delle ciliegie e del metal (perché ci vive il nostro Marchino). La maggior parte della composizione avviene con Marco o Simmi che buttano giù dei riff, li segnano a Guitarpro in modo tale che si possa fare una prima bozza con una batteria midi, li mandano in una chat comune in modo che tutti possano sentire e una volta sistemato si suona in sala prove tutti insieme e si decide eventualmente se modificare ulteriormente qualcosa. È un modo comodo per non perdere eventualmente delle idee interessanti, tenersi sul pezzo anche se non ci si vede di persona e poter ascoltare all’infinito una bozza e renderla al meglio possibile.
Nell’ultima traccia, “Everything Is Poison”, troviamo Piro dei Putridity con la sua ugola malvagia e la coda strumentale di Dome. Su quest’ultima, potrebbe essere un qualcosa di interessante scrivere brani più sperimentali, ibridati tra death, grind ed elettronica. Che ne pensi?
Quello che abbiamo costruito negli anni non è solo un giro di band, ma una vera rete di persone che si supportano a vicenda, condividono energie, idee e fatiche. In un contesto culturale e sociale tutt’altro che semplice, portare avanti progetti come il nostro richiede passione, ostinazione e soprattutto legami forti. Per questo siamo orgogliosi di avere avuto nel disco la partecipazione di amici come Piro dei Putridity, Dome (TV-Crimes) e Devid dei Distruzione. Non sono semplici “ospitate”, ma collaborazioni sincere nate da stima e condivisione. Quanto alla coda strumentale di “Everything Is Poison”, firmata da Dome, apre effettivamente uno spiraglio interessante. Il pezzo suona totalmente Carpenter, e per noi questo è un plus enorme: la musica da film horror distopici riesce a esprimere alla perfezione le atmosfere che ci portiamo dentro. L’idea di spingere di più su un certo tipo di ibridazione tra death, grind ed elettronica è affascinante, ma va trattata con attenzione. La linea tra qualcosa di cupo, autentico e suggestivo – come certe derive industrial dei Napalm Death – e qualcosa di pacchiano è sottile. È un territorio che ci interessa, ma che va esplorato con molta lucidità.
La pandemia ce la siamo tolta dalle palle, ora se gli scemi nei vari governi non ci portano alla Terza Guerra Mondiale, non facciamo che passano altri dieci anni prima di ascoltare un disco nuovo, ok man? Quindi, piani per il futuro?
Assolutamente sì, non vogliamo far passare altri dieci anni prima del prossimo disco, diocan va bene che siamo dei fritti però anche basta haha tant’è che appena finito Sons Of Disgust, gli altri stronzi si sono già messi sotto a comporre nuova roba. L’idea è spingere ancora di più sull’estremo, roba che faccia da colonna sonora perfetta per una sessione di sollevamento pesi post-apocalittica. Se il mondo non esplode, tranquillo: il prossimo disco arriverà molto prima. Un grazie enorme a tutta la crew di Grind On The Road da parte di tutti i Grumo, ai nostri fan, a chi c’è sempre stato e continua a supportarci. È anche grazie a voi se tutto questo ha ancora senso. DEATHGRIND BASTARDS, OUGH!!!